Regia di Michelangelo Frammartino vedi scheda film
Finalmente sono riuscito e vedere il secondo film di Frammartino, certamente la visibilità di questa seconda opera è dovuta alla presenza a Cannes ed è questa la funzione vera di un festival, oltre agli aspetti divistici di cui una manifestazione come questa ha bisogno, per un sostegno più commerciale e di visibilità, che poi naturalmente serve ad opere come queste per essere imposte all’attenzione di un pubblico che altrimenti non avrebbe scoperto da solo. Per chi ha visto Il Dono, diciamo pure che questa seconda prova è una vera continuazione della maniera di fare cinema, un documentarismo particolare con tematiche precise e non certamente legate ad solo fattore visivo, ma un disegno molto più sottile che fa oltrepassare il genere in cui film viene sbrigativamente catalogato. Quattro Volte contigue che si evolvono nel panorama dell’Appennino Calabrese, evitando dialoghi, di cui non sentiamo il bisogno e che presto ci abituiamo a farne a meno; un uomo che ha trascorso una vita con il suo pascolo e che arriva alla fine dei suoi giorni a causa dell’indifferenza umana, ed in questo caso religiosa, che con minimi accenni ci fa intravedere il pensiero preciso dell’autore, lasciandoci una piccola nota amara di pensiero. La cucitura della morte con la vita del gregge è fatta in via naturale, e naturalmente riesce a cogliere gli aspetti più veri e sinceri della natura animale che si offre al nostro sguardo senza zuccherose ed appetitose scene di luoghi comuni. La breve rappresentazione del capretto è singolarmente sposante con l’ambientazione naturale della scena e con le leggi che la natura animale impone senza possibilità di mediazione. Poi viene l’operato umano che si avvale della natura per festeggiare le proprie usanze ed infine il rito della preparazione artigianale del carbone. Un film a cui ci si deve lasciare andare, rinunciando agli schemi a cui siamo abituati e che dopo pochi minuti dimentichiamo volentieri rimanendo affascinati dalla rappresentazione unica di una natura che si lega alla vita. Leggendo l’intervista che ha rilasciato il regista, si capisce perfettamente la nostra situazione culturale nazionale che è davvero caduta nello sprofondo e che nello specchio di riflessione all’estero ci fa capire quanto il nostro cinema raggiunge livelli di alta qualità, ma che da noi rimane sconosciuta e disconosciuta da una distribuzione che ha tutto l’interesse di fare dimenticare certi nostri autori, anche se fortunatamente, le tematiche riaffiorano in altri nostri autori di tutto rispetto e magari più visibili, proprio per la lezione che questo tipo di cinema ha fatto.
una serie di storie che ne fanno una sola
un cienema da cui dipendere
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