Regia di Gustavo Hernández vedi scheda film
Un horror uruguayo è qualcosa di insolito, ma non poi così impossibile se pensiamo a tanta narrativa fantastica nata nel paese di Horacio Quiroga. Gustavo Hernández prende un vecchio fatto di cronaca locale degli anni ’40 e lo trasporta sul grande schermo optando per una scelta vincente: dato che la cronaca già parla per sé e circoscrive lo spazio creativo degli sceneggiatori, l’unico modo per intervenire autorialmente sul film è lavorando sulla forma. Così, in un unico piano sequenza il regista ci porta all’interno di una vecchia casa abbandonata dove la giovane Laura con suo padre decidono di passare la notte, e successivamente ci accompagna lungo il labirinto domestico a caccia e poi in fuga da un misterioso intruso dall’istinto omicida.
Molti i silenzi, molti gli angoli oscuri, le zone d’ombra, gli scary moments e molto il sangue quando inizia a scorrere; molte anche le sacche in cui si perde il ritmo dell’azione, affannando dietro una modulazione narrativa teoricamente breve che viene però sviluppata dal regista troppo realisticamente, dilatando inverosimilmente il tempo del racconto – e qui, la bella idea del piano sequenza risulta invece un limite.
Se il film, nel prologo e nello sviluppo, ipotizza lo sconfinamento del soprannaturale nella realtà, un classico del realismo magico sudamericano, nell’epilogo, abbastanza prevedibile anche per neofiti del genere, riporta tutto entro i canoni del plausibile, senza per questo venir meno alla prerogativa estetica che anima il progetto di Hernández dalla prima all’ultima scena.
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