Regia di Katell Quillevere vedi scheda film
(4 stelle nel voto come utente, 3 stelle qui: il voto sarebbe un 7, idealmente, perché per quanto abbia trovato molto piacevole il film durante la visione, ne ho un po' ridimensionato il valore ragionandoci a freddo)
Come si fa a non voler bene a un film che usa come colonna sonora dei titoli di coda una stupenda cover di Creep dei Radiohead cantata da un coro?
Battute a parte, Un poison violent è un film interessante. Per una volta, ho sentito la mancanza di qualche spiegazione in più nel costruire le premesse della storia, ma ciò non toglie che me ne sia fatta un'impressione complessivamente positiva.
Anna torna a casa per le vacanze, e nell'attesa di prepararsi alla Cresima, vive i primi turbamenti dell'adolescenza, circondata da adulti che in nessun modo riescono a darle sostegno o anche solo un consiglio.
Non può farlo il padre, che nel frattempo si è allontanato da casa e medita il divorzio, né la madre che sembra abbastanza distrutta dalla separazione, gettata in uno sconforto in cui sembra aver perso la sicurezza in sé e addirittura arriva a invidiare la giovinezza e la bellezza della figlia quattordicenne. Non lo fa il nonno malato, che è sì affettuoso e di compagnia, per lei, ma comunque ormai vecchio e categorico, e incapace di trasmettere messaggi di vita concreti. Non lo fa, infine, nemmeno il prete del villaggio, che pur premuroso e sincero, cerca di affrontare con lei e per altri versi con la madre il problema della crisi della fede, proprio nel momento in cui non è esente in prima persona.
Tutti gli adulti del film sono fragili: e nessuno sa davvero quello che vuole, a parte forse il nonno, anche se la sua più che scelta di come vivere è una scelta di come morire.
Tutti gli adolescenti del film invece sembrano sapere cosa vogliono, e pur non sapendo se possono ottenerlo e come, vanno avanti coraggiosamente (da notare anche il piccolo personaggio dell'amica di Anna). Ma più che altro, tutti i ragazzi sembrano personaggi positivi, nonostante i loro dubbi, al contrario degli adulti che, nel momento in cui vedono insinuarsi il dubbio, sì, vero, sono semplicemente umani nelle loro debolezze, ma smettono di essere punti di riferimento per i ragazzi, che sarebbe comunque un loro compito in quanto adulti.
E quindi è chiaro come, al di là della ovvia fase di crescita, Anna finisca per essere attratta dal coetaneo Pierre. Non la attira solo perché sono due adolescenti ed è giusto che sia così: in lui sente anche risonare i turbamenti e le incertezze che ha capito di non poter sviscerare con altre persone, certamente non con gli adulti. E Pierre è un personaggio delizioso, che richiama alla memoria i mistons, dolce e timido ma non per questo meno deciso e testardo: soprattutto, ha la pazienza di vivere insieme a lei le paure che attraversano entrambi.
L'occhio della macchina da presa è sempre discreto e rispettoso, si potrebbe dire delicato, nell'osservare Anna, pur osservandola direttamente e da vicino.
Nessun adulto, in nessuna scena cruciale, è in grado di fare la stessa cosa, guardandola faccia a faccia. Né il prete, quando lei gli chiede come affrontare i pensieri 'strani' che ha, né il padre, quando finalmente si rivedono e passano del tempo insieme. Le poche scene con madre e figlia una di fronte all'altra sono scontri. Ovviamente Anna e Pierre sono invece sempre di fronte. È diverso solo lo sguardo finale su Anna, si potrebbe dire al momento della resa dei conti, ma non rivelerò perché. Però posso dire che c'è un messaggio forte di espressione della libertà individuale, che trovo positivo e necessario.
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