Regia di Hae-jun Lee vedi scheda film
Ci si può perdere in un'isola immersa tra palazzi e persone? Sì, e si può anche ritrovarsi in quell'isola, quando si pensava di aver perduto se stessi. La favola di Daniel Defoe reinventata in una chiave più introspettiva e poetica.
Una pellicola che segna il labile confine tra surreale e grottesco. Un uomo tenta il suicidio gettandosi da un ponte ma il fiume lo porta su un'isoletta situata nel fiume Han. Quando prova a scappare a nuoto dalla stessa, rischia di annegare, non riuscendo a nuotare. Gran premessa, da svenuto sa nuotare e da sveglio no. Quando però sulla sua curiosa figura, posta nell'isolamento, pur vicina a una città popolata, posa gli occhi una ragazza sociofobica che passa le sue giornate chiusa in camera, senza contatti umani e in compagnia solo del suo laptop e della sua macchina fotografica, la pellicola assume finalmente una forma più definita e l'assurdità diventa metafora di una profonda e indefinibile alienazione. Due solitudini si sfiorano a distanza, comunicando con bottiglie lasciate alla deriva e scritte sulla sabbia, generando un contrasto che ha tutto il profumo della poesia. Lei lo immagina come un alieno caduto sulla terra, lui ritrova in quella ragazza misteriosa un motivo per aggrapparsi alla società a cui sembrava già aver rinunciato: la parabola di Robinson Crusoe si ripete e reinventa, per generare piacevoli metafore e nuove sensazioni. Bravissimo il protagonista, emozionante la colonna sonora, ottima la fotografia. Si poteva ridurre un po' il minutaggio ma la pellicola scorre comunque abbastanza bene.
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