Regia di Scott Hicks vedi scheda film
Un tempo, il sabato pomeriggio, sulle Tv private andavano film strappalacrime, meglio se ad ambientazione familiare. Storie sopra le righe e sfigatissime che facevano sembrare comico Cassavetes jr. Ragazzi miei non arriva a quegli estremi, ma è su quel solco. Regia piatta, sceneggiatura telefonata come la colonna sonora invadente, eppure è difficile non volergli bene. Il regista nomade Scott Hicks (Shine), nato in Uganda e cresciuto in Kenya, deve averci messo del suo in questa storia (vera, è tratta dal bel libro autobiografico e pedagogico di Simon Carr) di una famiglia disfunzionale tutta al maschile. Il protagonista è Clive Owen, cronista sportivo dalla penna ironica, che rimane troppo presto vedovo dell’amatissima seconda moglie. Giacca sgualcita addosso - gli stanno meglio di quelle stirate, è una sua caratteristica - e ironica disperazione dentro, si reinventa padre con un’educazione sui generis: poche regole e tanto divertimento, per riconquistare il suo cucciolo Artie e il figlio di primo letto Henry. Un trio che punta dritto al cuore dello spettatore, sfacciato come la bellezza della location, l’Australia. Owen, sempre bravo, aiuta il suo personaggio e il film a spogliarsi della retorica. Non è abbastanza, ma non è neanche poco.
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