Regia di Scott Hicks vedi scheda film
E anche Scott Hicks ce lo siamo giocato. Non che sia mai stato un regista eccezionale ma qualcosa di buono nella sua filmografia l' ha senz'altro fatto, non foss'altro che far conoscere al grande pubblico quel mostro di bravura di Geoffrey Rush con "Shine". Con il passare degli anni, l' entrare nel circuito mainstream hollywoodiano e l' aumentare dei budget hanno fatto sì che il regista di origine ugandese e carriera prevalentemente australiana rimanesse implicato in alcune produzioni sentimentali tutt'altro che memorabili e quest' ultimo "Ragazzi miei" ne è sicuramente l' apice incontrastato. Tornato a girare in terra d' Oceania e spalleggiato da un Clive Owen disperatamente in cerca d'autore dopo diverse prove non entusiasmanti, Hicks ci propina un dramma famigliare strappalacrime molto televisivo e decisamente poco cinematografico. La storia è quella di Joe Warr, talentuoso giornalista sportivo che si trova a fare i conti con la morte improvvisa della giovane compagna e con il fatto di dover fare il padre a tempo pieno per il piccolo Artie. Stordito dal profondo dolore per la perdita e preoccupato delle conseguenze che la stessa possa avere sul figlio, Joe si dedica anima e corpo ad instaurare un rapporto speciale con il bambino a discapito di tutto e tutti, nonni e carriera lavorativa compresa. Le cose non vanno poi così male, Joe sembra risalire la china e sperare addirittura in una nuova storia ma ad un certo punto si ritrova ad accogliere anche il primogenito adolescente avuto dalla prima moglie in Inghilterra. La convivenza a tre senza presenza femminile non sarà semplice e gli scheletri nell'armadio non tarderanno a saltare fuori ma alla fine tutto si concluderà per il meglio. Ovvio che la pellicola punti tutto sui buoni sentimenti, tanto più che trattasi di vicenda ispirata ad eventi realmente accaduti ; la forzatura di determinate situazioni non impressiona più di tanto e le varie tematiche di elaborazione del lutto, incomunicabilità e disperata voglia di ricominciare vengono affrontate nel più canonico dei modi senza mai emozionare davvero. Primi piani struggenti, frasi ad effetto già sentite, apparizioni dall' aldilà, escamotage facili e prevedibili atti a commuovere senza troppa convinzione. Owen da parte sua sembra impegnarsi ma non abbastanza da risultare sempre credibile. In questa minestra riscaldata anche l' ambientazione australiana ne esce con le ossa rotte ma la consolazione è la certezza che questa nazione abbia ben altre storie da raccontarci in futuro.
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