Regia di Claudio Fragasso vedi scheda film
Che Fragasso abbia ormai dalla sua una discreta esperienza nei film d'azione è innegabile: e si notano tutte le sue capacità già nella scena - dopo pochi minuti - sull'autobus. Ma non mancheranno altre occasioni, nei centodieci minuti di pellicola, per ribadirle; non si lesineranno affatto sparatorie, fughe, colluttazioni che si accoppiano però a dialoghi truci e di un'inverosimiglianza patetica (solita sceneggiatura della moglie del regista, Rossella Drudi). I punti forti ed i limiti del cinema dell'ultimo Fragasso sono questi, c'è poco da dire: un impianto narrativo di serie C, colmo di falle logiche (un'iniezione letale ad un malato su cui nessuno sente il dovere di indagare) e banalità (o coincidenze eccessive, vedi: la moglie del commissario viene ricoverata d'urgenza esattamente quando in quello stesso reparto irrompono i parà che il commissario si trova a fronteggiare), per una discreta capacità di messa in scena, convincente ed avvincente soprattutto quando le cose si movimentano - il che, per l'appunto, succede piuttosto spesso. La direzione degli attori è poi l'altro grande cruccio del regista romano, che sceglie per il cast una terna di figli d'arte (Tognazzi, Lionello, Venditti, tutti già utilizzati in passato) che non sfigurano più di tanto, ed altri nomi più o meno noti che però, senza un'adeguata attenzione, finiscono per sbandare: la credibilità del film ne risente, inevitabilmente. Di buono c'è comunque l'adesione morale alla causa dei soldati italiani in Kosovo, caratteristica da non sottovalutare nel nostro cinema odierno; d'altronde l'impegno civile di Fragasso è stato adeguatamente redarguito in moneta sonante dall'appoggio del ministro Bondi (cultura, anche se è un ossimoro arduo a spiegarsi), che ha giudicato Le ultime 56 ore meritevole del sostegno economico statale dedicato ad opere di palese interesse culturale. Qualche nota positiva, un miglioramento netto rispetto agli ultimi lavori del regista (Concorso di colpa, Milano-Palermo). 5/10.
Di ritorno dal Kosovo, il colonnello Moresco vede morire in ospedale un amico commilitone: è leucemia, contratta nel conflitto a causa della presenza di armi all'uranio impoverito. Di fronte all'omertà delle istituzioni, l'ufficiale tenta un gesto estremo: prendere in ostaggio tutto il reparto in cui l'amico è morto. A negoziare con lui giunge il marito di una malata, che è anche commissario di polizia.
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