Regia di Hideo Nakata vedi scheda film
Adattamento di una pièce teatrale del pluripremiato drammaturgo Enda Walsh, qui in veste di sceneggiatore (come in Hunger di McQueen), I segreti della mente conferma l’interesse di Hideo Nakata, autore del The Ring giapponese, per il pane tecnologico quotidiano come fonte di thrilling. La ragnatela di Internet, segnatamente le community virtuali come Second Life e Moove, è il luogo prossimo nostro in cui coltivare un familiarissimo perturbante. Cinque ragazzi rifuggono l’indigesto mondo reale per quello virtuale; nell’intreccio delle rispettive insoddisfazioni, l’ansia di un giovane aspirante suicida viziato cerca di sfruttare i talloni d’Achille altrui, inducendo all’atto estremo l’anello debole del gruppo (tu chiamala, se vuoi, facile sublimazione). Vivere sul Web, morire nella realtà. Ma Nakata non è interessato all’invettiva sociologica, nonostante la completa negatività messa ottusamente in scena: il suo film non conosce complessità, i personaggi sono burattini nelle mani di un misantropo, le logiche psicologiche sono spartane, l’introspezione soccombe all’azione. La sfida è registica: dare forma cinematografica alla Rete, trasformare le chatroom in stanze, il traffico online in corridoi stipati, creare tensione come un puro film di genere. Ma il lavoro sulle forme è suggestivo solo superficialmente, il pathos è posticcio. E avvolto nella sterile confezione c’è solo il vuoto pneumatico.
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