Regia di Maurizio Costanzo vedi scheda film
Strano discorso simil-intellettualoide firmato dal Maurizio Costanzo, quello dei talk show e delle camicie col collo giusto, che mischia metacinematografia, accenni di satira poco convinta e ancor meno riuscita e puerile citazionismo. Il film si apre riproponendo pedissequamente e per molti minuti un film di Raffaello Matarazzo con Amedeo Nazzari protagonista, intervallato da casuali e repentini inserti di montaggio che vedono Enrico Montesano, ripreso in primo piano, a commentarne alcune scene, sdrammatizzandone i meccanismi portanti, o per meglio dire “coglionandoli” per usare un idioma caro ai protagonisti della pellicola. A seguire un confronto tra Montesano, che si prepara a girare una storia d’amore in costume, e un Amedeo Nazzari nel ruolo di se stesso; nel finale, mentre le macchine da presa e le maestranze si ritirano, Montesano presenta gli attori (reali) a Nazzari… Se c’è un messaggio dietro il film di Costanzo, cosa assodata vista l’intelligenza del suo autore, è talmente criptico da essere incomprensibile. La sensazione alla fine è che Costanzo abbia provato ad innovare la settima arte, apportando un contributo innovativo. Ma tra “innovativo” e “fallimentare” il passo è breve e con questo film Costanzo lo conferma. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Il grande merito del regista romano sta nel non averci riprovato in futuro: anche perché in un periodo molto complicato per il cinema italiano, un’altra pellicola del genere avrebbe potuto apportargli un fatale colpo di grazia.
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