Regia di Xavier Dolan vedi scheda film
L’amore immaginario è come il diavolo: sta nei dettagli. Nel profumo che resta impigliato in un maglione, nell’accuratezza con cui si punta la forcina in uno chignon, nell’emozione carica d’aspettativa con cui si porge al parrucchiere una foto di James Dean, con cui si sceglie un poster di Audrey Hepburn; negli incontri falsamente casuali orchestrati con precisione, nei sogni in cui piovono marshmallow, nel languore struggente che imbeve ogni sguardo di lancinante e stroboscopico desiderio. Francis e Marie, amici, si innamorano di Nicolas, bello come un David, biondo e riccioluto come un putto, angelico, gentile, colto, elusivo; sostanzialmente vuoto, come la maschera di ogni ossessione. La seduzione sta tutta nella loro testa, nella rivalità che cresce piano, annidata nei silenzi e nella finta strafottenza, negli scatti di rabbia raggelati; il ménage à trois è solo formale, riposa in un letto condiviso e in una vacanza andata a male, si stende in ralenti languidi e in pennellate colorate pop, mentre il citazionismo cinematografico (Wong Kar-wai, la Nouvelle Vague...) dell’opera seconda di Xavier Dolan corrisponde ai mille frantumi d’immaginario di cui sono fatte tutte le chimere sentimentali. Geneticamente adolescenziali, les amours imaginaires si alimentano di fallimenti, piccole ferite dell’animo incise sul muro come i giorni d’attesa in una prigione; e come diavoli, o vampiri, risorgono la sera, ansiosi di trangugiare la prossima preda. Bang bang.
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