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Gli amori immaginari

Regia di Xavier Dolan vedi scheda film

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La recensione su Gli amori immaginari

di OGM
8 stelle

A qualcuno piace tiepido e sfumato. Il cinema, s’intende. C’è chi ama dilungarsi in variazioni su un tema comune,  sul quale, in realtà, non ha nulla da aggiungere. In questo suo secondo lungometraggio, il ventunenne Xavier Dolan gioca amabilmente col già detto, e, senza alcun timore, costeggia, in punta di piedi, anche il temibile muro della noia. Quando si parla d’amore, il suono non può che essere quello di un disco incantato: impossibile evitare di ripetere cose arcinote, o di inciampare nella foga del proprio discorso. I monologhi posti a introduzione di questo film presentano il sentimento, con i suoi abbagli e le sue delusioni, attraverso il linguaggio approssimativo e gergale con cui i giovani sono soliti confidarsi tra loro. Anacoluti, abbreviazioni, frasi che si accavallano sono l’espressione dell’affanno con cui, ingenuamente, le anime ancora acerbe cercano di dare una forma logica e verbale a ciò che, per eccellenza, è l’Ineffabile. L’amicizia tra Nicolas, Francis e Marie nasconde, nella dimensione virtuale delle verità del cuore, un triangolo amoroso: i desideri di due di loro convergono, segretamente, sulla stessa persona. Ma non c’è modo di capirsi, di comunicare all’altro le proprie gioie e i propri dolori, e tutto si risolve quindi in un muto ricorrersi, finemente cosparso di allusioni che non arrivano a segno. In questo modo la bellezza si ferma a metà strada, limitandosi a delineare i contorni dei concetti, senza mai arrivare a riempirli del succo vitale della passione. Così la sofferenza può restare appesa come un punto interrogativo alla punta di una sigaretta: “Fumare una sigaretta è come l’oblio. Quando ho toccato il fondo del barile, tutto ciò che mi resta è accendere una sigaretta, fumarla e poi starmene zitta. [...] A me, fumare una sigaretta, mi impedisce di impazzire. Mi tiene in vita.” E una dichiarazione d’amore può essere (volontariamente?) deviata da una poesia spedita per posta all’indirizzo sbagliato. La solitudine e il silenzio sono le dimensioni prevalenti in questo film, a cui si sovrappone il discorso impersonale e indiretto della musica, che fa riferimento alle schermaglie amorose che avvengono alla luce del giorno (la canzone Bang Bang, cantata in italiano da Dalida) o alle soffuse atmosfere degli attimi di intimità (la suite per violoncello di Johann Sebastian Bach). L’architettura del racconto è essenziale ed aerea, ed ispirata alla distanza, che può essere spaziale (come quella che separa due amanti che comunicano via sms, oppure devono attraversare l’oceano per incontrarsi) o temporale (come quella che caratterizza gli appuntamenti a cui qualcuno giunge in ritardo) o di altra natura (l’amore senza speranza di un omosessuale per un eterosessuale). Le inquadrature sono spesso ritratti solitari, oppure monocromatici (basati sul blu, il giallo e il rosso, i colori fondamentali che compaiono nel logo del movimento Bauhaus): la singolarità è l’elemento su cui si basa la costruzione di questa storia, discontinua e inconcludente, perché formata da una successione di incontri mancati, approcci fraintesi, slanci trattenuti. Les amours imaginaires intesse un impalpabile incanto intorno a tutti ciò che è vano, frustrante, irraggiungibile, ricordandoci come lo stesso desiderio in sospeso, la stessa attesa senza fine possano essere oggetti di un amore profondo e meraviglioso.  

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