Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
Dice Victor Erice che in Angelica, copione scritto da Manoel?de Oliveira nel 1952, c’era un cinema non ancora nato. Dice che c’erano Ordet, Viridiana e La donna che visse due volte, in quelle pagine scritte dal maestro portoghese dopo un piccolo trauma personale: chiamato dalla famiglia della moglie a fotografare una cugina morta prematuramente, De Oliveira tremò al fatto che nella sua Leica, per un effetto di sdoppiamento, la donna sembrasse sorridergli. Viva. Di questo racconta, per interposto giovane protagonista, Lo strano caso di Angelica, che per 60 anni s’è reso visibile nei fotogrammi del regista, e che nel 2010, finalmente, riesce a farsi film autonomo: storia dell’ossessione di un fotografo ebreo per l’immagine di una donna defunta, che gli è parsa non esserlo, è un racconto d’amour fou surrealista, un groviglio d’eros e thanatos, una lotta tra il reale e lo specifico cine-fotografico, la mortifera fascinazione per lo scorrere dell’esistenza interrotta ed eternata dallo scatto, per la morte al lavoro sulla pellicola. Una fantasmagoria tra il serio e il sarcastico, una paraboletta sottile di critica sociale al tempo della crisi: in immagini che contengono sempre un eccesso spettrale, e sono tutta la storia del cinema, dallo stupore dei gesti del muto all’effetto irreale del digitale, dal teatro d’ombra al documentario, Angelica è una commedia umana sul desiderio, su fisica e metafisica, sul presente e sull'eterno. È semplice. E immenso.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta