Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
Nel Cielo, se esiste un cielo per chi piange,
cielo per i dolori di chi soffre tanto...
se è là il fuoco dell’amore, puro e santo,
fiamma che arde, ma che non divora...
Nel Cielo, se un’anima abita in questo spazio,
che ascolta la prece e asciuga il nostro pianto...
se c’è padre, che stende su di noi il manto
dell’amore pietoso... che io non sento adesso...
Nel Cielo, o vergine, finiranno i miei mali:
devo rinascere là, io che sembro
essere nato qui solo per il dolore.
Lì, o giglio delle celesti valli,
avendo la sua fine, avranno il loro inizio,
per non più finire, i nostri amori.
[Antero de Quental - No Céu, se existe um céu para quem chora - 1861]
Peso da Régua, valle del Douro: Isaac (Ricardo Trêpa) è un giovane immigrato sefardita ("un ebreo portoghese") che vive in una stanza in affitto nella pensione della signora Justina (Adelaide Teixeira). È anche un fotografo dilettante ("È nuovo di qui e per lui non è facile lavorare nella fotografia"), l'unico, tra l'altro, disponibile in paese quando, durante una notte squassata da un furioso temporale, la padrona (Leonor Silveira) della Quinta das Postas (la fattoria più importante della zona) lo convoca per fotografare la propria figlia Angélica (Pilar Lòpez de Ayala). Ad accoglierlo trova i domestici e la sorella di Angélica, che subito gli chiariscono i motivi di tanta urgenza: la ragazza, infatti, è morta ("Una disgrazia. Abbiamo appena finito di vestirla. Era così bella, poverina! La madre vuole avere un ultimo ricordo, anche se molto triste"), suo marito, la madre, il resto della famiglia sono distrutti dal dolore. L'arrivo di Isaac interrompe la veglia funebre: viene presentato alla madre di Angélica, che, prima di farsi da parte per le fotografie, gli consiglia le pose migliori ("Da questo lato... Verrebbe meglio da questo lato... Guardi, da qui sembra che vada bene, ma lascio scegliere al suo senso artistico"). Isaac è pronto per mettersi al lavoro: prima qualche scatto preliminare, poi l'obiettivo della sua macchina fotografica incornicia il volto della ragazza e, pian piano, inizia a metterlo a fuoco e a fissare l'immagine. Prima di un nuovo scatto, però, Isaac ha un sussulto che gli gela il sangue: Angélica, infatti, ha aperto gli occhi e gli ha sorriso. Ma se ne è accorto soltanto lui, nessun altro ha visto nulla, perchè, ovviamente, la ragazza è morta. Se ne va, visibilmente scosso e confuso, e l'indomani sviluppa immediatamente il rullino: dalle stampe, però, sembrerebbe che non ci sia nulla di anormale, anche se per convincersene fino in fondo ha bisogno di andare al funerale della ragazza. C'è soltanto un problema: quando fissa la fotografia di quel primo piano del volto, l'immagine di Angélica si anima improvvisamente. Profondamente turbato, Isaac torna alle sue occupazioni abituali, gira nei vigneti a fotografare i contadini al lavoro e si reca a consegnare i provini delle foto di Angélica ai suoi familiari. E legge, specialmente alcuni versi: "Ballate, stelle, che seguite costanti vertigini matematicamente fisse, delirate e fuggite per pochi istanti dalle traiettorie che percorrete ammanettate. È l'Angelo. Tempo, fermati! E anche voi, creature antiche, che errate per celesti, irreali strade. Angeli, apritemi le porte dei cieli, che nella mia notte c'è il giorno e in me c'è Dio". Quando, però, l'apparizione di Angélica inizia a popolare i suoi sogni, Isaac vacilla: "Che... che strana realtà. Un'allucinazione? Era così realistica... Sarà l'ingresso nello spazio assoluto di cui ho tanto sentito parlare e che si dissolve come il fumo di una sigaretta? Sì, perchè questo incantesimo annulla tutte le angosce che mi perseguitano. O forse sono solo pazzo? Mio Dio! Perchè tutto questo?". Sarà l'ascolto di una conversazione, durante la colazione con gli altri inquilini della pensione ("L'antimateria non si mangia la materia! Quando una particella incontra l'antiparticella corrispondente, si fondono in un abbraccio che si trasforma nella sua essenza più pura: l'energia"), a cancellare le perplessità di Isaac, trasformandole definitivamente in una fatale ossessione: "Energia... Spirito... Angélica!".
Il film, incorniciato dalla splendida fotografia di Sabine Lancelin e contrappuntato, in colonna sonora, dalla Sonata in si minore op. 58 n. 3 e dalla Mazurca in la minore op. 59 n. 1 di Chopin (affidate all'interpretazione di Marìa Joao Pires), si apre sulla didascalia con l'ultima terzina del sonetto citato di Antero de Quental, sommo poeta portoghese, oltre che filosofo e fervente socialista, della seconda metà dell'Ottocento. Scrive Barbara Gori su Antero de Quental: Memorie di una coscienza. Poetica e stile dei Sonetos Completos (2009, Edizioni Liberodiscrivere): "La sua poesia viene innescata dai sentimenti ma disciplinata dal pensiero razionale e dalla vocazione a ragionare secondo la logica dettata dalla filosofia. Ed essendo la sua speculazione basata sui temi centrali del destino dell’uomo, dell’esistenza o meno di Dio, dei misteri della Vita e della Morte, la poetica che ne discende può, anzi deve essere definita come metafisica, mentre lo stile rimane prettamente tardo-romantico, con il frequente ricorso a figure retoriche e topoi propri di tale epoca letteraria, come la Morte e la Notte. L’io lirico del Poeta è infatti continuamente attratto dalla Morte, che è il motivo dominante di molte poesie e sorge come fine di tutto, sebbene spesso in presenza di chiari segnali di elogio alla Vita, come l’azione, il movimento e la rivolta".
Già dalla citazione iniziale, quindi, è possibile inquadrare le coordinate poetiche entro cui si muove questo Lo strano Caso di Angélica di Manoel de Oliveira, che adatta un suo vecchio script degli inizi degli anni Cinquanta e torna a girare nella valle del Douro a cui dedicò il suo esordio. E scherza, sorprende, emoziona, giocando con leggerezza con gli effetti speciali e l'animazione digitale ed esplorando le contraddizioni del presente attraverso l'investigazione del Trascendente, esplicitato nel ribaltamento in chiave mistica di Blow Up di Antonioni (l'obiettivo della macchina fotografica a cogliere/animare le forme e i misteri dell'immortalità anzichè quelli del reale) e trasfigurato metaforicamente nella "follia" di un'ossessione amorosa sospesa tra vita e morte. Follia che, conclude il maestro portoghese, non degenera nella disperazione, ma conduce all'incanto della scoperta e alla Grazia: di Angélica, dell'ossessione di Isaac, della fede, dello sguardo del suo autore, della sua macchina da presa e, ovviamente, del suo cinema, filmografia sterminata di gemme sorprendenti e di cui Lo strano caso di Angélica ne propone un'ennesima, cristallina testimonianza.
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