Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
Le inquadrature a camera fissa, dalla statica simmetria, sono come uno sguardo fermo puntato sull’immortalità dell’anima. La visione dell’oltre è affidata all’immobilità di un mondo che, sotto l’effetto della storia, cambia scenografia, arredi e tonalità, eppure mantiene l’uomo sempre allo stesso punto, sulla soglia dell’inspiegabile, che è anche la finestra socchiusa verso una sconvolgente, ma adorabile, forma d’ignoto. Il racconto inizia in un’atmosfera notturna che ricorda i primi anni cinquanta, e finisce nella piena luce della nostra epoca: eppure l’azione abbraccia solo lo spazio di pochi giorni. Cambiano il contesto e lo sfondo, tra il momento in cui il film avrebbe dovuto essere girato, ed il momento in cui esso, a distanza di decenni, ha effettivamente visto la luce: questo è uno dei tanti progetti che Manoel de Oliveira ha dovuto rimandare, a causa delle difficoltà cui era andato incontro durante il regime salazarista. In quest’opera la fotografia è, come il sogno, la dimensione che dà voce all’invisibile; ed è sobriamente, ma preziosamente, incastonata in raffinate suggestioni pittoriche, che toccano gli stili di Renoir, Millet, Chagall, alternando spessi strati di colore e tenui trasparenze argentate. Questo dualismo cromatico sottolinea l’ambiguità temporale di un ambiente che appare, a tratti, come una realtà moderna rivestita di una patina antica, e, altre volte, come un remoto tempio della memoria rivivificato dalla limpidezza del presente. Gli enigmi di sempre, come il mistero della morte e l’insondabilità del cosmo, si mescolano ai problemi attuali, come la crisi economica ed il dissesto idrogeologico del territorio. E, intanto, sopra tutto regna, inafferrabile e sublime, l’Amore, che, in mezzo a tanta inquietudine, è l’unico lembo di luminosa eternità che da quaggiù ci sia concesso intravedere. Lo strano caso di Angelica è una magistrale rappresentazione della trascendenza, che, in questo capolavoro, trova una traduzione narrativa e cinematografica straordinariamente semplice, ed esente da componenti filosofiche e religiose "di parte"; eppure, in un certo senso, le comprende tutte, in un discorso così prudente, sereno e rispettoso da riprodurre il placido suono dell'universalità.
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