Regia di Stephen Frears vedi scheda film
Non stiamo parlando di un capolavoro, non riscriverà i canoni della commedia, ha un retrogusto alleniano ed è un po' banalotto. Ma Frears dà il giusto smalto con freschezza e ingegnosità che solo le commedie inglesi e i suoi personaggi sanno dare. Amore adolescenziale, intellettuale e maturo in un paesaggio bucolico. Divertentessimo e sapiente.
Sono passati tantissimi anni dalla prima edizione di "Via dalla Pazza Folla", il secondo romanzo di Thomas Hardy, i tempi sono cambiati e lo stesso Dorset, la contea a sud-ovest dell'Inghilterra, non è più la stessa.
Tutto è mutato, fuorchè le persone; una cosa che Stephen Frears e Moira Buffini sanno benissimo, regista e sceneggiatrice dimostrano che si può perfettamente attualizzare un'opera di secoli orsono ai giorni nostri senza per forza disfare l'intero contenuto.
La modernità ha fatto irruzione anche negli angoli più reconditi della campagna inglese, eppure, Tamara e Andy sono gli stessi Bathsheba e Gabriel che leggevamo nel romanzo del 1874, solo che adesso non sono più lettere di San Valentino a creare scompiglio nella piccola comunità, quanto e-mail e chirurgia plastica. La critica non è rivolta verso i nuovi mezzi tecnologici, quanto all'uomo che non riesce a farne buon uso causa la cattiveria insita in ciascuno di noi.
Tamara scoprirà a sue spese che un nasino alla francese non porterà soltanto vantaggi, la sua perfezione fisica sarà invidiata o derisa dalle malelingue tipiche dei piccoli paesini di campagna.
Il risultato, non storce affatto la visione di Hardy, tutt'altro, mantiene inalterato quel meraviglioso senso di appartenenza ad una grande "famiglia", un sentimento, questo, che prova chiunque ha la possibilità di vivere in un piccolo borgo avente i suoi pro e contro: si fugge dal caos e dal disordine delle grandi città per ritrovarsi, sì in un posto armonico e tranquillo, ma in cui tutti conoscono tutti, con la possibilità di passare da ignoto cittadino a rinomato campagnolo, protagonista di pettegolezzi, sogni proibiti e ripicche.
Oltre a questo interessantissimo aspetto del film non dobbiamo dimenticare l'ottimo lavoro di scrittura e il succedere delle sequenze, realizzati per questa pellicola: basti pensare ai numerosissimi intrecci e protagonisti portati sullo schermo, essi formano una struttura complessa ma perfettamente collegata e piena di fascino; non c'è un attimo di titubanza, tutto procede al meglio in un montaggio egregio di cui dobbiamo ringraziare Mick Audsley, che aveva il rischio di far scadere l'opera in un semplice susseguirsi di eventi senza nè capo nè coda.
Frears, appunto, decide di aggiungere alla ruralità inglese alcuni personaggi eccentrici, materiale che gradiranno soprattutto gli appassionati cinefili, perchè, oltre a variare la struttura del romanzo di Hardy, mette in scena le numerose tipologie di scrittore della nostra epoca:
c'è la signora di mezza età che insegue il sogno di una pubblicazione; quella perversa e sclerotica che gode nello scrivere delitti e atti sessuali; il pensionato nostalgico; quello in un malinconico blocco dello scrittore e infine il romanziere di successo che grazie alla serialità delle sue storie ha raggiunto una certa fama (triste constatazione della letteratura al giorno d'oggi, dove la fanno da padrone i libri che concatenano la propria narrazione, anzichè le opere più originali).
Tra invidie, imitiazioni, pavonerie e contraddizioni assistiamo a tutte le velleità della narrativa attuale, da cui sorge la relativa questione:
"La verità è il sale della buona letteratura o il bravo scrittore è un bugiardo nato?"
Di tutto questo dobbiamo ringraziare Frears per la sua regia accurata, senza sbavature e l'impegno al non far ridere per una semplice situazione ridicola, su cui molti ripiegano tutt'oggi, bensì puntare tutto sul tentativo di far riflettere lo spettatore che non subisce passivamente la sceneggiatura, ma ragionandoci raggiunge un equilibrato rapporto di interazione.
Tutto questo dà vita ad un sottile umorismo, irriverenza e spunti intelligentissimi che dimostrano come Frears sia il regista azzeccato per questo genere di commedia, mischiando il rosa sentimentalismo al nero cinismo.
In più, il direttore della fotografia, Ben Davis, ha avuto l'accortezza di porre particolari attenzioni al paesaggio circostante per ritrarre l'idilliaca contea con tutti i colori dell'anno: da uno smorto azzurrino per l'inverno in cui tutte le piccole malignità dell'uomo fuoriescono; a quelle più estive, un verde e giallo accesissimi come la passione carnale rivolta alla seducente Tamara.
Non dimentichiamoci poi della colonna sonora di Alexander Desplat sicuramente uno dei motivi per cui il film sarà apprezzato da qualunque pubblico: il compositore è riuscito a congiungere sonorità più jazz a leggiadri tocchi di musica classica, ed a condire il tutto con musica pop tipica delle boy-band più attuali, la quale, con la sua spensieratezza, ci avvolge tutti persino nei titoli di coda.
L'opera, però, non è esente dai difetti, uno in particolare è legato all'estrema complessità della struttura narrativa: malgrado tutto si combini adeguatamente si rischia di perdere la caratterizzazione di taluni personaggi per il grande accumulo di trame e sotto-trame; sicuramente lo scopo di Frears non era dar vita ad un film ascetico o platonico, tuttavia molti personaggi mancano di spessore e il loro evolversi è frettoloso e insoddisfacente. Pensiamo solo a Gemma Arterton, una giovane promessa che purtroppo non ha il tempo necessario a dimostrare tutte le sue doti recitative e sviluppare il suo personaggio; un problema che si riscontra anche nei comprimari la cui linea narrativa termina, sì con la leggerezza tipica della pellicola, ma in modo generico e sbrigativo. Solamente il personaggio di Nicholas ha la dovuta attenzione e il degno finale, interpretato da un bravissimo Roger Allam.
Se poi cercate originalità o novità non è qui che le troverete: anche se non avete letto il romanzo di Hardy capirete fin dal principio come terminerà la storia trattata, fortuna che Frears ha aggiunto qualche piccola idea che rende il film più appetibile, altrimenti avremmo avuto una storia d'amore convenzionale che attingeva a mani piene alle commedie di Woody Allen. Inconfondibile, infatti, lo stile umoristico praticamente identico al regista newyorkese.
Ovviamente non stiamo parlando di un capolavoro, che non riscriverà neppure i canoni della commedia, anzi, ha un retrogusto alleniano e risulta un po' banalotto. Ciononostante, Frears dà il giusto smalto con quella freschezza e ingegnosità che attualmente solo le commedie inglesi ci sanno dare.
Tamara passa dall'amore più adolescenziale a quello intellettuale per finire a quello più maturo e cosciente, vivendo in un paesaggio bucolico fatto di lotte interiori e ripicche sopite.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta