Regia di Mathieu Amalric vedi scheda film
In un albergo abbandonato in riva al mare Joachim Zand ( impersonato dallo stesso regista Almaric) e le sue non più giovani artiste brindano bevendo da una bottiglia di champagne senza bicchiere, urlano, ridono sguaiatamente forse perché non sanno bene se la tournée in terra di Francia è stata il loro canto del cigno o un successo: non conoscono altro mestiere, quindi sopravvivranno o per lo meno venderanno cara la pelle. Nel suo quarto lungometraggio Almaric ( “Lo scafandro e la farfalla”, “Racconto di Natale”) di fatto dà voce alla patetica rassegnazione di un ambiente di teatranti d’avanspettacolo che protesta confusamente in nome di una disperata vitalità prima di essere messo ai margini: la battaglia coraggiosa, perché persa in partenza, viene combattuta attraverso corpi sfatti dalla cellulite ed una esibizione di sé sul palcoscenico di spogliarelliste attempate; l’osceno della grottesca performance si neutralizza nella satira e nella orgogliosa ed irriverente ostentazione degli inestetismi. Un buffo striptease casalingo, dunque fatto da donne perdenti per donne perdenti, uno spettacolo liberatorio dalla frustrazioni di una vita grigia passata dietro le casse di un supermercato o di una pompa di benzina: questo vorrebbe essere oggi il New Bourlesque, la presa di coscienza di sé contro la maschera illusoria di una bellezza plastificata imposta, la sacralità di ogni individualità contro il mito del bello vincente e contro l’avvilente censura di ciò che non può omologarsi. Fin dalle sue origini ottocentesche del resto il Bourlesque era the poor man’s, le “folies” dei poveri, e la rivisitazione postmoderna proposta da Almaric cerca di ritrovarne la vocazione popolaresca in una società nella quale è difficile capire dove stia e cosa sia il popolo.
Al folto e quasi miserabile sottobosco di artigiani dello spettacolo appartengono Mimi le Meaux, Kitten on the Keys, Dirty Martini, Julie Evie, Rocky Roulette ( l’unico uomo) e il loro impresario Joachin, saltimbanchi girovaghi, un circo ridotto all’osso, ospiti di camere d’albergo e di night fumosi in provincia. Il film racconta il loro desolato girovagare fra treni, hotel e teatri, li segue dietro le quinte nei camerini, ne capta a sprazzi le verità nascoste nelle pieghe dei volti e nello straripamento delle carni eccessive. Scopre così che la realtà coincide con l’apparenza, Joachin sembra ed è davvero padre di famiglia irrisolto, impresario, cacciato dalla televisione, sognatore e velleitario, le donne sembrano e sono davvero sole, in esilio dal passato e dalla patria, gli Usa, sradicate nella spettacolarità trionfante che le ha superate da decenni, preferendo al trash simulato e ludico del New Bourlesque un trash ossessivo e malato, tragicamente tracimante nel giornalismo o nella politica. “Tourné” pertanto si commuove solidale andando alla ricerca della lacrime del sexy clown che ambisce a stupire il pubblico con lustrini e parrucche esagerate, consapevole che in platea ad applaudire resta solo la memoria
Per confronti e percorsi culturali suggeriti dal film cfv mio blog: http://spettatore.ilcannocchiale.it/post/2618655.html
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