Regia di Sabina Guzzanti vedi scheda film
Il terremoto all’Aquila? Un successo. E non per la gestione con cui lo si è affrontato: quella è stata un disastro. Per il fatto in sé, piuttosto. Una benedizione per loro, gli imprenditori - o pseudo tali - che alle 3.32 del 6 aprile si sono fregati le mani nel letto. Ma anche per lui, Silvio Berlusconi, il quale, quasi fosse un’araba felice, ha saputo sfruttare la tragedia come strumento di propaganda e lavanderia per ripulirsi l’immagine. Geniale. Ma del resto prevedibile da parte di chi ha fatto della comunicazione il proprio taxi per arrivare alla Presidenza del Consiglio (o della Repubblica). Pesa indubbiamente come un macigno la tesi che Sabina Guzzanti porta avanti con la sua quarta fatica dietro la mdp, Draquila. L’Italia che trema. Un’opera questa (attesa a Cannes) che agghiaccia già dal titolo (in realtà scelto dagli aficionados del suo blog). Già, perché il Draquila menzionato coinciderebbe proprio con il Cavaliere che dall’Aquila traballante ha (ri)succhiato il consenso e la fiducia popolare indispensabili per rilanciare la propria corsa dopo un periodo di stallo (se non di caduta libera). E cassandra è stata la decisione di inserire nel documentario un j’accuse abbastanza diretto anche contro la Protezione Civile “del fare”, ancor prima che esplodesse lo scandalo che l’ha poi infangata. Verrebbe da chiedersi se una tale bomba (alleggerita solo dallo stile pop della struttura narrativa) debba essere innescata in modo pressoché esclusivo da un’autrice di satira. Ma d’altra parte si sa che, in un Paese in cui l’opposizione è chiusa per inventario e il giornalismo è terra di scorrazzamenti “minzoliniani”, certe domande sono pura retorica (e comunque anche l’America ha il “caso Michael Moore” di cui occuparsi). E allora, duole dirlo, ben venga anche la Guzzanti, la quale, se da una parte è vittima di una certa ideologia preconfezionata nonché protagonista di cadute di stile sinceramente evitabili, dall’altra - bisogna riconoscerglielo - non lesina certo in coraggio. Viene in mente Nanni Moretti a proposito del suo Caimano: «Non sapevo cosa, ma ero certo di dover fare qualcosa».
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