Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film
Rimasto vedovo, Claudio (Germano), operaio edile trentenne della periferia romana, si ritrova sulle spalle la responsabilità della crescita dei tre figli piccoli. Imbocca così la strada sbagliata cercando di mettersi in proprio nel campo dell'edilizia dopo vere ricattato il datore di lavoro (Colangeli). Soltanto l'amico più caro (Zingaretti) e i fratelli riusciranno a toglierlo dai guai.
Dopo avere collezionato una serie di false partenze, Elio Germano mette finalmente il suo enorme talento - che a Cannes gli ha fruttato la Palma d'oro per la miglior interpretazione maschile ex-aequo con Javier Bardem - a servizio di un film maiuscolo. Il copione che Luchetti ha scritto con la premiata ditta Rulli & Petraglia scandaglia l'universo dell'edilizia e gli affanni di quest'uomo rimasto precocemente vedovo, al quale Elio Germano dà corpo e anima senza risparmiarsi, attraversando l'intera gamma emotiva che un attore può mettere in scena. Il film è soprattutto suo, anche se a Luchetti e agli altri sceneggiatori (Rulli e Petraglia) va riconosciuto il merito di qualche scelta inconsueta: Raoul Bova nel ruolo dello sfigato, Zingaretti in quello di uno spacciatore in sedia a rotelle, il razzismo di ritorno degli extracomunitari, estenuati dal malcostume italiano. Ma nel film c'è anche molto déjà vù, a cominciare dal registro situazionista del film che sembra una via di mezzo tra Il posto dell'anima e Provincia meccanica, e un finale frettoloso ed eccessivamente consolatorio.
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