Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film
Lo definirei cinema popolare o neopopolare, perché riguarda la gente semplice di oggi, quella che ha come miti Vasco Rossi e la famiglia, ma anche i soldi e la vacanza in Costa Smeralda come i ricchi, l'attività in proprio, gli operai in nero, la gitarella al centro commerciale e la playstation per i bambini.
È un cinema un po' a metà tra Mike Leigh, Ken Loach e Paolo Virzì, condito di ottime interpretazioni (Germano, ovviamente, ma anche un Bova giustamente dimesso, fuori dal suo schema consueto) e che non indulge, contrariamente a quanto è stato scritto, alla retorica familista e al volemose bbene di prammatica. Alla fine, infatti, uno dei problemi si risolve, ma molti restano aperti, a volte anche più drammaticamente di prima: il lutto è ancora da elaborare correttamente, il cantiere viene consegnato grazie al lavoro nero, il cadavere del portinaio romeno giace ancora, invendicato, nella tromba dell'ascensore e per di più Claudio è "rimasto senza una breccola".
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