Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film
Alla periferia di Roma, nel centro di una serie di vite che contraddistinguono la gente comune, proletaria e che fatica ad arrivare dignitosamente a fine mese, Luchetti, Petraglia e Rulli cuciono una storia che è profondamente debitrice della commedia di ‘casa nostra’ ma modificandone i contenuti e trasformandone i possibili toni scanzonati in una ‘beffa del destino’ della quale Elio Germano, eccezionale nel tratteggiare i dubbi, le perplessità e le incertezze di un padre come tanti altri, svolge la parte del protagonista di una vicenda che gli fa percorrere tutti i differenti stadi di elaborazione del lutto. Dall’accettazione, alla convinzione che solamente guadagnando meglio potrà dare una vita migliore ai propri figli, trasformandosi alla fine in un personaggio molto meno dignitoso e onesto.
La storia di Claudio, manovale per necessità e inizialmente distante sia dalle logiche di sfruttamento professionale, sia da quelle economiche e organizzative, sono infatti quelle di un uomo che deve fare i conti sia con la propria coscienza, sia con la difficoltà nell’educare i tre figli piccoli.
Luchetti osserva la sua vicenda con l’occhio distaccato di chi non desidera esprimere giudizi morali. Permettendo al cast sia di portare in scena una vicenda drammatica, ma anche dalle tinte umane piene di speranza, sia entro il perimetro dei rapporti famigliari, sia entro i confini dei rapporti amicali. Su tutti spiccano le figure di Raoul Bova, nella parte di Piero, fratello di Claudio. Luca Zingaretti in quella di Ari, spacciatore paralitico e suo vicino di casa. Per finire con Porcari (Giorgio Colangeli) superiore del protagonista, con il quale arriverà a un passo dallo scontro.
Sopra a tutti i personaggi anche i luoghi della storia risultano essenziali. La vita dei protagonisti ruota infatti ben distante dalle locations più riconoscibili della capitale. Posizionando le vicende sempre distanti dal centro città. Precisamente in quella zona di confine fatta di palazzi in costruzione e centri commerciali. In una sorta di spersonalizzazione della narrazione. A dimostrare quanto le vicende siano universali e per nulla legate al contesto.
Da vedere se si è attratti dalla vita “comune” di uno come noi, osservata con uno sguardo acritico a un passo, uno solo, dalle borgate Pasoliniane.
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