Regia di Mike Leigh vedi scheda film
L'inesorabile tragedia dell'esistere è carne ed anima di questo dramma corale. Al centro una coppia di coniugi, Tom e Gerri, che ostentano un raggiunto equilibrio, più recitato che vissuto. Cercano di sottrarsi all'imprevidibilità della vita inscenando una stabilità rituale fatta del continuo ripetersi di abitudini e comportamenti: la maniacale cura dell'orto, la periodica frequentazione della ristretta cerchia di amici. Una vita che si mimetizza per sfuggire agli orrori, che si protegge dalla pioggia battente in un rifugio di fortuna che precariamente sottrae al peggio. Una vita che cerca di imitare l'eterno ciclo della natura per sottrarsi alla propria finitezza. Una vita di superficie, bidimensionale, che mi piace pensare rappresentata simbolicamente in quei nomi da cartone animato. Intorno a loro si consumano drammi umani con cui mai potranno e vorranno avere reale contatto, al di là di una formale disponibilità all'accoglienza. Esemplari l'esordio e la conclusione: la paziente annientata dal dolore che la psicologa Gerri non riesce in alcun modo ad aiutare e che scomparirà nel gorgo della sua disperazione; l'amica Mary, sopportata più che desiderata, ad una delle molte cene conviviali in cui realizza la propria definitiva assoluta solitudine, più angosciante persino della distruttiva percezione di inadeguatezza e fallimento. Tom e Gerri conducono la propria esistenza da fumetto cercando una distanza siderale dalla reale dimensione del vivere, incapaci di offrire a chi nel vivere sta soccombendo alcun concreto aiuto, se non conversazione stucchevole, qualche buon piatto ed un bicchiere di vino. Straordinarie le prove attoriali.
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