Regia di Mike Leigh vedi scheda film
La scena iniziale ipoteca il senso del film.
Una paziente soffre d’insonnia ed alla domanda della psicologa, Gerri, su quanto sia soddisfatta della sua vita attuale, da uno a dieci: la risposta è uno.
Come spostarsi, poi, da quell’uno verso il dieci, è una risposta che nessuno psicologo può dare. Gerri provoca la domanda, rivela la causa dell’insonnia ma non può altro che invitare quel viso avvilito a future visite.
Non la vedremo più, quella paziente, ma saremo docili testimoni, attraverso la distaccata serenità di giudizio di Tom e Gerri, del come assecondare svariate turbolenze esistenziali soggiocandone alti e bassi. Anche se proprio questi confini marcati a grana grossa tra i vari caratteri messi in campo da Leigh risultino oltremodo evidenziati a vantaggio di eventuali spettatori sbadati.
I predetti Tom e Gerri protagonisti, sono una affiatata coppia di quasi sessantenni residenti nella periferia londinese, geologo disincantato lui e psicologa morettiana lei. Hanno un figlio trentenne che lavora e vive a Londra ed ogni tanto passa a trovarli. Loro se la spassano tra amici, cenette e letture e, soprattutto, a zappettare l'amato orto, nella campagna appena fuori Londra, orto che li appassiona e che viene assistito costantemente da premurose cure (anche quando diluvia che Dio la manda...).
Attorno alla loro vita, fin troppo equilibrata, gravitano soggetti, fin troppo fuori registro, rimarcando cosi - come si accennava prima -, precarietà comportamentali ed insoddisfazioni di vita irrequieta e, di base, disordinatamente anaffettiva.
E cosi via, una stagione dopo l'altra, le storie si accentrano prima su Mary, collega di Gerri eternamente alla ricerca di un compagno e segretamente (solo per i più svagati) invaghita del figlio di quest'ultima.
Kennie, amico di Tom, irrimediabilmente inadeguato a se stesso ed infatuato, ovviamente non corrisposto, di Mary. Fino ad arrivare a casi oltre il limite, come il nipote di Tom, irascibile e collerico, al quale gioverebbe senz'altro una parola della zia “psicologa” (la quale, invece, si guarda bene dal mettere becco sulle beghe di famiglia, anche se del ramo coniuge, - e su queste politiche “non interventiste” potremmo discutere a lungo... -).
Insomma, per i miei gusti le personalità introdotte risultano spesso fuori le righe e rimprovero, a regia e storia, eccessiva svagatezza e forzatura di toni che intenderanno si, agevolare l'utenza, nel distinguere i confini delle singole personalità, ma non rendono certo un buon servigio ad un più naturale intersecarsi di molteplici caratteri.
Personalmente avrei mischiato più le carte, a costo di poter confondere lo spettatore, ma fornendo chiavi di lettura da interpretare più disinvoltamente, uscendo magari dall’orto diligentemente seminato da Tom e Gerri (o chi per loro, vero Mike?)
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