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Another Year

Regia di Mike Leigh vedi scheda film

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La recensione su Another Year

di LAMPUR
6 stelle

La scena iniziale  ipoteca il senso del film.

Una paziente soffre d’insonnia ed alla domanda della psicologa, Gerri, su quanto sia soddisfatta della sua vita attuale, da uno a dieci: la risposta è uno.

Come spostarsi, poi, da quell’uno verso il dieci, è una risposta che nessuno psicologo può dare. Gerri provoca la domanda, rivela la causa dell’insonnia ma non può altro che invitare quel viso avvilito a future visite.

Non la vedremo più, quella paziente, ma saremo docili testimoni, attraverso la distaccata serenità di giudizio di Tom e Gerri, del   come assecondare svariate turbolenze esistenziali soggiocandone alti e bassi.  Anche se proprio questi confini marcati a grana grossa tra i vari caratteri messi in campo da Leigh  risultino oltremodo evidenziati a vantaggio di eventuali spettatori sbadati.

 

I predetti Tom e Gerri protagonisti, sono una affiatata coppia di quasi sessantenni residenti nella periferia londinese, geologo disincantato lui e psicologa morettiana lei. Hanno un figlio trentenne che lavora e vive a Londra ed ogni tanto passa a trovarli. Loro se la spassano tra amici, cenette e letture e, soprattutto, a zappettare l'amato orto, nella campagna appena fuori Londra, orto che li appassiona  e che viene assistito costantemente da premurose cure (anche quando diluvia che Dio la manda...).

Attorno alla loro vita, fin troppo equilibrata, gravitano soggetti, fin troppo fuori registro, rimarcando cosi - come si accennava prima -,  precarietà comportamentali ed insoddisfazioni di vita irrequieta e, di base, disordinatamente anaffettiva.

E cosi via, una stagione dopo l'altra, le storie si accentrano prima su Mary, collega di Gerri eternamente alla ricerca di un compagno e segretamente (solo per i più svagati) invaghita del figlio di quest'ultima.

Kennie, amico di Tom, irrimediabilmente inadeguato a se stesso ed infatuato, ovviamente non corrisposto, di Mary. Fino ad arrivare a casi oltre il limite, come il nipote di Tom, irascibile e collerico, al quale gioverebbe senz'altro una parola  della zia “psicologa” (la quale, invece, si guarda bene dal mettere becco sulle beghe di famiglia, anche se del ramo coniuge, - e su queste politiche “non interventiste” potremmo discutere a lungo... -).

Insomma, per i miei gusti le personalità introdotte risultano spesso fuori le righe e rimprovero, a regia e storia, eccessiva svagatezza e forzatura di toni che intenderanno si, agevolare l'utenza, nel distinguere i confini delle singole personalità, ma non rendono certo un buon servigio ad un più naturale intersecarsi di molteplici caratteri.

Personalmente avrei mischiato  più le carte, a costo di poter confondere lo spettatore, ma fornendo chiavi di lettura da interpretare più disinvoltamente, uscendo magari dall’orto diligentemente seminato da Tom e Gerri (o chi per loro, vero Mike?)     

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