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The Housemaid

Regia di Im Sang-soo vedi scheda film

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La recensione su The Housemaid

di bluefalcon
6 stelle

Un piccolo appunto sulla descrizione data al film dal recensore del sito. Non è corretto scrivere "l'uomo la costringe ad abortire"; infatti la cameriera subisce un aborto indotto da veleni procurati dalla perfida suocera. Detto ciò passiamo al film, che mi ha lasciato parecchio basito, soprattutto nella parte finale. Trovo difficile scrivere e recensire questo lavoro perché non comprendo fino in fondo il leit motif del regista, il quale gioca con abuso di potere, sesso (legato mai come in questo caso all'abuso di potere-vedi la povera baby sitter oltraggiata, pagata come qualsiasi prostituta da strada dopo la conclusione del rapporto sessuale), la vecchia governante che secondo me regge l'intero dramma e si erge sulla vicenda come il vero deus ex machina...l'assoluta freddezza nasconde un vuoto eistenziale profondo che ella tenta di colmare imbevendosi di "passione per il controllo"...tutto passa attraverso i suoi gelidi occhi, nulla le può essere celato, neppure il pensiero della povera Eun-Yi, magnifica quanto allampanata ed improbabile ingenua reginetta della situazione, davanti alla quale tanto bella quanto perfida moglie passa in totale secondo piano. Una governante quindi artefice del tradimento vero, in primis quello verso la sua stessa esistenza, autovendutasi ad una famiglia di ricchi signorotti, sottoprodotto dell'antico feudalismo orientale, che denota come il mondo resti sempre spaccato in due parti dove i ricchi si permettono tutto, durante il loro potere temporale, mentre i poveri devono per forza di cose subire. Dalla scelta della governante e dalle stesse scelte di Eun-Yi (rimango non me ne vado), l'atto finale che è volutamente caricato in modo un po' troppo plateale e poco credibile, si evince come il regista si lasci trasportare dalla passione per l'autodistruzione implicita nei personaggi principali unitamente all'immancabile senso di colpa e di vuoto che caratterizza tutta la storia. In un parziale riassunto abbiamo quindi: tradimento, senso di colpa, autodistruzione.... La seconda parte la dedico all'importanza che nella storia ha avuto il potere al femminile, quello meno evidente ma molto spesso maggiormente determinante nell'evolversi delle situazioni famigliari e non...Quindi abbiamo il potere della governante, intriso di veleno e amplificato dal senso dell'aver fallito il proprio obbiettivo esistenziale (lei, figlia di un procuratore), divenuta una maschera di cinismo che non guarda in faccia a nessuno, nemmeno al momento di tradire Eun-Yi che si renderà troppo tardi conto della vera situazione. Il potere della suocera, perversa dama nera, che gestisce una situazione perfettamente organizzata nei ben più minimi dettagli, dama nera che comprende benissimo la falla sulla quale operare presente nel debole carattere del marito-feudale, il quale bada più che altro ad esercitare una sessualità che tende a confortare i dubbi che egli nutre su se stesso. La falla si chiama vanità ed è li che l'uomo sprofonda fra le spire dell'idra, idra che non esita ad uccidere senza remora alcuna quando la situazione lo richiede. Il potere della moglie è quello dell'imperatrice paragonabile alla moglie di Giove, Era, tradita spesso dal divino marito ma per questo non esente da ire altrettanto funeste, anche se i risultati non sempre efficaci ne vanificano gli sforzi che tale ira propugna, proprio perché circondata da forze più potenti ed astute. Dulcis infundo, la caricatura, il corpo finale di tutta la costruzione, l'erede al trono....la piccola Nami, fotocopia incredibile di Andreotti, sia nella forma che nel carattere, eredità di geni da dimenticare, comunque argutissima nella sua piccola età, abbarbicata in un vestitino che la rende ancora più rigida e prigioniera del proprio personaggio. Alla fine non cambia nulla, il finale non rende certo giustizia agli amanti del lieto fine e del trionfo della giustizia e la catarsi voluta dal regista assume toni che esaltano la follia nelle sue accezioni negative....il cappio che non stringe a sufficenza il collo della malcapitata e l'improvvisa fiammata che divampa dal camino avvolgendola come una moderna e tutta orientale Jeanne D'Arc data in pasto alle tenebre del denaro, che più che rendere felice le persone molto spesso le rovina. Spero solo che Im Sang Soo non sia stato vittima di una trasposizione cinematografica delle proprie paranoie interiori relative a sensi di colpa che nelle regole del bushido vengono lavate mettendo fine alla propria vita a volte in modo drammatico.

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