Regia di Xavier Beauvois vedi scheda film
Sono ormai passati dieci anni da quel memorabile premio al Festival di Cannes (ma probabilmente avrebbe meritato il premio più importante). Dieci anni da Uomini di Dio, traduzione forzata del più laico e inclusivo Des hommes et des dieux, che in effetti approccia la storia tragica eppure carica di speranza di un gruppo di monaci cistercensi trucidati in Algeria negli anni 90 con un’impronta - vivaddio - poco apologetica (tranne forse sul finale) e assolutamente laica. Verrebbe quasi da dire, pensando proprio alla materia trattata, al sacrificio silenzioso di monaci cistercensi, che in Uomini di Dio la forma è contenuto: così sobria, senza fronzoli, orpelli di alcun tipo, un po’ alla maniera dei grandi maestri religiosi, Dreyer e Bresson in testa.
Grandi attori: Michael Lonsdale e Lambert Wilson, intensi e sofferenti, perfetti per il ruolo, guidano lo spettatore in una storia fatta di tante luci che illuminano il cono d’ombra del terrore. Nell’Algeria degli anni 90 insanguinata da conflitti interni poi sfociati nella guerra tra il regime militare e i terroristi del Fronte Islamico, il regista Xavier Beauvois centra l’obiettivo su un piccolo, minimo gruppo di monaci francesi che da anni vivono nel convento di Thibirine, circondati dall’affetto di tanta gente comunque, musulmani e cristiani. Sono appena sette ma sembrano molti di più: e le manifestazioni di affetto della popolazione sono una cartina tornasole del loro impegno al di là della distinzione religiosa.
Gran successo di critica e di pubblico (in Francia il film ha avuto un clamoroso successo con oltre tre milioni di spettatori immediatamente a ridosso dell’uscita in sala), il film non nasconde la fragilità umana dei monaci protagonisti, chiamati a una prova più grande di loro. Paura umanissima, ma anche la consapevolezza che non tutto sarà perduto, che il sacrificio sarà scolpito nella storia dell’uomo e ricordato a lungo.
Uomini di Dio ha il merito di raccontare una pagina nota ma forse non ai più, un nuovo doloroso capitolo del martirio di tanti cristiani del 900. Il regista Xavier Beauvois, con uno stile scabro che richiama tanti maestri del passato e una grande considerazione della realtà raccontata, la realtà dei fatti che viene in effetti riportata senza minimamente censurare crudeltà dei terroristi. Eppure, in uno scenario di puro orrore almeno in alcune sequenze, l’ultima parola è sull’amore, sulla comprensione, sul perdono come si ricorda nel finale con le parole di Padre Christian, in cui si afferma il valore della vita su tutto e tutti, persino la vita e la libertà di un carnefice che si approssima nell’ombra della Storia.
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