Regia di Apichatpong Weerasethakul vedi scheda film
Primo film che vedo del thailandese Apichatpong Weerasethakul, uno dei registi più acclamati del nuovo secolo, non a caso vincitore della Palma d'oro a Cannes assegnata da una giuria presieduta da Tim Burton, entusiasta del cinema del collega asiatico. È un "oggetto" strano, enigmatico e misterioso, fatto probabilmente più ad uso e consumo della critica (molte le recensioni entusiastiche sui portali della stampa americana) che non per il pubblico, almeno occidentale, che comprensibilmente rimane perplesso. Il film racconta di un uomo che sta per morire, circondato dalla presenza di alcuni parenti e visitato anche dai fantasmi della moglie e del figlio, quest'ultimo sotto forma di scimmia antropomorfa. Per comprendere il film è importante la prospettiva spirituale e filosofica buddista, con le idee della reincarnazione e del Karma, e ci vorrebbe anche un po' di conoscenza di storia e cultura locali; personalmente ho apprezzato soprattutto la bellezza delle composizioni figurative, sia nella tenuta di campagna dello zio Boonmee, sia nella foresta e poi nella caverna, che testimoniano di un talento visivo di prim'ordine, come era stato acclamato già da tempo dalla critica internazionale. Tuttavia, riguardo alla sostanza, rimangono molti dubbi dovuti ad un'eccessiva cripticità della materia: il siparietto con l'accoppiamento della principessa con il pesce-gatto si riferisce ad una incarnazione precedente dello zio Boonmee? Cosa vuol dire lo sdoppiamento finale del monaco buddista con la donna anziana e la ragazza più giovane? Nella scena in cui lo zio Boonmee racconta un sogno di "persone del passato che vengono trasportate nel futuro con le loro immagini" (io ho visto una copia con sottotitoli in inglese), qual'è il senso delle numerose diapositive che accompagnano il sonoro, che sembrano alludere ad un'occupazione militare del Paese e ad una dittatura (ammetto di non conoscere la storia recente della Thailandia)? Credo che le stesse domande se le sarà fatte la maggior parte del pubblico italiano, ma non aver capito del tutto il film non mi porta comunque alle reazioni stizzite di chi gli assegna mezza stella e lo deride come un pastrocchio intellettualistico; lo stile surreale invece è padroneggiato con maestria da Apichatpong, anche se il film rimane davvero molto ermetico e chiuso su se stesso. Per me un film senz'altro da vedere, ma non all'altezza di altri capolavori del cinema orientale contemporaneo.
Voto 8/10
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