Regia di Apichatpong Weerasethakul vedi scheda film
Il regista, autore e videoartista Thailandese Apichatpong Weerasethakul già vincitore del gran premio della giuria a Cannes 2004 con Tropical Malady, ritorna nella giungla per narrare la storia di zio Boonmee, agiato possidente terriero dai reni malati che sentendo la morte arrivare decide di trasferirsi nella giungla, attratto inconsapevolmente da una grotta entro la quale troverà la pace. Durante questo tempo gli fanno visita il fantasma della moglie morta e il figlio scomparso trasfiguratosi in uno scimmione dagli occhi di brace mentre una principessa sfigurata si abbandona ad un amplesso con un pescegatto parlante.
Lo zio Boonmee che si ricorda delle sue vite precedenti , ostico sia come narrazione che come tema, è un film che si distacca in modo netto dal modo di fare cinema abitualmente accettato, a meno di non conoscere discretamente la religione buddista e di avere una buona cultura cinematografica in grado di sostenere con interesse le lunghe pause, i silenzi, la camera fissa. Non è un film per tutti, accostarsi ad un’ opera del genere significa smantellare tutte le impalcature intellettuali e mettere in discussione il modo di intendere il cinema, il tempo e la vita. E la morte soprattutto. Bisogna presentarsi nudi e farsi possedere dal pescegatto parlante per riconoscere la bellezza del film riflessa nello specchio dei pregiudizi, esattamente come la principessa riflessa nello stagno riacquista una bellezza che solo il saggio spirito della laguna può comprendere e amare. Una fiaba ficcata nel contesto del film ma al contempo poetica di uno sconosciuto misticismo dai tratti a volte grotteschi, a volte surreali.
Riducendo il film a tema si potrebbe liofilizzarne il senso ad una storia di reincarnazione ammantata di un religioso rispetto verso tutte le creature viventi per le quali la forma è solo un momento di passaggio verso una condizione spirituale diversa, ciclica nel suo rigenerarsi. Cos’era nella vita precedente lo zio Boonmee? Un bisonte? Un albero o un pesce ? La giungla umida e gravida di vita è il luogo in cui gli spiriti vivono liberi, pesci parlanti e scimmie fantasma dagli occhi infuocati sostano sospesi tra la vita e la morte. La caverna entro la quale Boonmee si rifugia è il ritorno all’utero materno, il reimpiantare un ovulo nel ventre della madre terra per ritornare a vivere sotto altre forme. Nella caverna il brillare delle pietre nel buio si accorda alle costellazioni celesti fondendosi ad esse in un’ellisse senza tempo.
La trama è esile e priva di sviluppo narrativo, è più un morbido aleggiare di percezioni imbastite in una tessitura video artistica che si poggia sull’effimera sicurezza delle immagini. Così tra la natura, i suoi suoni, i suoi fantasmi e il pacato esistere di esseri in armonia con il mondo che li circonda si sprofonda nel tempo, a ritroso nella caverna nella quale pitture rupestri testimoniano l’inizio della storia umana, una circolarità che trova giustificazione nella rivelazione del futuro da parte di Boonmee e del suo sogno in cui ogni spiritualità viene abbattuta e gli spiriti stessi si abbandonano ad una esistenza inerte.
Lo zio Boonmee che si ricorda delle sue vite precedenti è un film pregno di cultura, di senso estetico ed etico, un’opera che cresce nei giorni a seguire proprio perché germoglia impiantando nella coscienza una purezza sconosciuta grazie ad una messa in scena depurata anch’essa da stereotipi e convenzioni narrative addomesticate. Un cinema altro metafisico e ipotetico, che attraversa il tempo e lo spazio filmico conosciuti per accordarsi alla parte più intima delle emozioni e nel quale le immagini non mostrano tanto avvenimenti quanto sensazioni fatte della stessa materia labile dei sogni.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta