Regia di Isotta Toso vedi scheda film
«L’ascensore è il confine tra la civiltà e la barbarie». Lo dice l’amministratore di un condominio (Roberto Citran) multietnico per forza, come quasi sempre accade nella Babele romana di Piazza Vittorio. Luogo bizzarro, in cui l’immigrazione più o meno clandestina si mischia a una Roma passata, più gelosa che razzista. Un quartiere di confine, da metropoli europea (sembra Parigi), sempre a rischio di diventare ghetto e banlieue. Lo vedi in un palazzo in cui tutti hanno qualcosa da nascondere: la rifugiata, il padano, la vecchia ossessionata dal suo cane (Milena Vukotic, straordinaria), il Gladiatore che cita Jim Morrison, il parafangaro. Tutti non sono quello che sembrano. Persino quell’Amedeo (Ahmed Hafiene, già “uomo di confine” per La giusta distanza di Mazzacurati) che ha l’inferno dentro ma riesce a portare l’equilibrio nella vita altrui con perle di saggezza. C’è troppo nel film della pur brava e volenterosa Isotta Toso, troppo corale e accorato e con un finale alla Agatha Christie che riscatta alcune ingenuità (soprattutto il doppiaggio del protagonista e alcuni dialoghi/aforismi). È un’opera discontinua e disomogenea come il suo cast. Ma semina bene, a volte stupisce e vola alto senza presunzione.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta