Regia di Ye Lou vedi scheda film
Girato clandestinamente e censurato in Cina (come era accaduto per i precendenti lungometraggi del regista Lou Ye, uno che non le manda a dire dietro le spalle), questo racconto di notti di ebbrezza primavarile è sbarcato a Cannes l'anno scorso accaparrandosi il premio per la miglior sceneggiatura. La storia d'amore clandestino, contrastato di un manager di successo e un uomo sposato, che viene fatto pedinare dalla moglie; succede che il marito, onde evitare di creare ulteriore scandalo ritornerà al focolare (per poi guardarsi allo specchio fiutando, osservando, scavando tra i vetri rotti il suo inevitabile destino) e il pedinatore vivrà una sorta di road movie omosessuale in compagnia dell'abbandonato (per poi, in un bagno di silenziosa isteria, al bordo di una superstrada, lasciarsi a loro volta) che alla fine, rientrerà nei ranghi iniziando una vita regolare (lontano dal travestitismo dalle drag queen, dai karaoke stile Donatella Rettore) con una ragazza normale, addetta alle fellatio...e nulla più. Si tratta di un film sul ricordo, evocato, in modo spudoratamente poetico (e talvolta assai sticchevole) da brandelli di piccole poesi, "bribes" di racconti, tutti incentrati sul destino umano, in parallelo alla sbocciatura primaverile, alla stagione lieta della rinascita, alle notti di ebbrezza. Si capisce che l'illusione d'eterno resta un'illusione: il florilegio scivola lungo il torrente e si allarga come una macchia rossa sul selciato ruvido; la fioritura è una menzogna, perché in essa c'è la vacuità del tempo presente, che inebria e inebetisce, rende folli. Come diceva Eliot (non a caso questo film mi ha toccato particolarmente, e per la tematica a me cara, soprattutto in questi giorni, e per il rimando implicito, forse inconscio all'aprile eliotiano): "April is the cruellest month, breeding / Lilacs out of the dead land". La terra desolata e desolante che assiste ogni anno alla sepultura dei morti, nella speranza inutile di un'altra vita, e li onora coi lillà in fiore, spavento e menzogna, memoria e desidero "mixing memory and desire". La terra desolata potrebbe essere, compiacendo l'occhio dello spettatore occidentale, la Cina, in cui l'omosessualità è vista ancora come una malattia mentale (anche se, ad esser sinceri, il belpaese, talvolta, non dà sfoggio di posture mentali più aperte, anzi). Da qui il velato intento di denuncia che sta deitro il gesto filmico, sotteso, ciononostante, alla volontà esplicita di raccontare una storia d'amore che vorrebbe essere normale, e che, per ragioni contingenti, risulta essere fuori dagli schemi, per la sua effrazione del proibito, per il suo cozzare contro "benpensantismo", per il suo voler vedere in due uomini uniti, insieme, nell'atto sessuale, un atto d'amore (mentre la controparte femminile, negli interventi che ad essa sono concessi, si pone in maniera isterica, scizofrenica). E delle notti d'ebbrezza resta, il ricordo, e il suono di parole, pronunciate alla finestra di un grattacielo, e sfilacciate dall'incurante vento di primavera.
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