Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
In un'Italia ancora agreste, fieramente legata alle tradizioni e perennemente in bilico tra scetticismo ed incomprensione della modernità, trova spazio questa sagace commedia monicelliana. L'elemento geografico qui proposto - quello lucano - non può essere considerato come l'unica, o una delle poche possibili fonti di arretratezza culturale: storie di guarigioni magiche, di stregoni o di streghe, hanno popolato molti racconti dei nostri genitori o nonni; nel mio caso storie di-come-eravamo fatte di misteriose fatture (malefizi) e relativi rimedi, di guarigioni particolari (quella del fuoco sacro tiene ancora banco) ricorrevano con domestica regolarità. L'intuizione di Monicelli - la sua pronta intuizione - sta proprio qui: il gustoso confronto tra una Italia giovane, metropolitana, araba fenice del dopoguerra, ed una italia caparbiamente legata a vecchi schemi.
Mastroianni giovane medico, colà insidiato si trova ingabbiato in un piccolo universo particolare, miniera di curiose trovate teatrali di calibrata comicità ( evitando le frignacce sopra le righe di molte commedie posteriori e contemporanee); la sua paterna pacatezza verrà presto abbattuta. De Sica, stregone guaritore, appare, nell'ambito della sua personalità truffaldina, umano e alla fine persino comprensivo della sua sorte, quando il suo poco onorevole duello dalle sorti alterne con il vero medico assumerà connotati troppo scoperti.
La prestazione cameo di Sordi risulta invece vicina all'inconsistenza: fare sfoggio del suo nome nella locandina ha rappresentato e rappresenta un espediente molto vicino all'inganno. Inutile parlarne troppo.
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