Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Superstizione contro scienza. Questo in soldoni l’atavica dicotomia affrontata da Mario Monicelli nel film dal titolo didascalico “Il medico e lo stregone”, una commedia dai toni leggeri (forse troppo). Il medico (Mastroianni), arriva a Pianetta, sulla montagna del Sud Italia, dove impera l’”eccellentissimo” don Antonio (De Sica), imbonitore truffaldino che risolve a modo suo tutte le questioni di salute (oltre che di amore e lavoro) dei bonari paesani, dominati da un deleterio mix di ignoranza e scaramanzia, con intrugli e amenità varie.
Monicelli preannuncia alcune nozioni essenziali di quello che sarà il suo cinema (come quella dell’italiano truffaldino manco a dirlo interpretato da Sordi), nonché della commedia all’italiana ancora in fase embrionale. Tuttavia incappa in una scrittura che al di là dei discreti dialoghi, rimane troppo superficiale e non si distingue mai per arguzia (nonostante l’eccellenza degli sceneggiatori), rimanendo imbrigliata in un’ambientazione di maniera e fasulla (vedute d’insieme di Civita di Bagnoregio, location per gli esterni lucane, dialetti ciociaro e marchigiano, anche se l’ambientazione dichiarata è irpina). Ecco perché, nonostante un cast davvero d’eccezione, Mastroianni e De Sica (mostri sacri e scuole di recitazione a confronto) ma anche Merlini e Sordi, nonché la presenza di un regista d’eccellenza, Il medico e lo stregone rimane un prodotto minore della filmografia dell’autore toscano e del cinema nostrano degli anni ‘50.
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