Regia di Jodie Foster vedi scheda film
Jodie Foster continua a rovistare negli angoli bui della famiglia. Con grande coerenza autoriale e un solido senso del cinema, Mr. Beaver compie addirittura un doppio salto mortale. La regista riesce, infatti, ad affidare a Mel Gibson, la star più detestata degli ultimi anni a Hollywood, un ruolo completamente fuori dal suo registro: farlo parlare con un marcato accento inglese attraverso un pupazzo, sfidando così tutte le convenzioni della verosimiglianza drammatica. Un’audacia registica davvero vertiginosa. Walter Black, depresso cronico, tenta il suicidio ma, non vi sveliamo come, finisce schiacciato dal televisore che (occhio!) trasmette una clip dei Sex Pistols. Al suo risveglio la marionetta di un castoro lo incita a darsi una mossa e a rimettere insieme la sua vita. Sarebbe potuto essere un horror (basti pensare a Magic di Richard Attenborough). Invece Mr. Beaver s’inscrive nel solco dei melodrammi familiari isterici come Gente comune. Situandosi fra Harvey di Henry Koster (film nel quale James Stewart parla con un coniglio immaginario) e la follia aliena di certi Hal Ashby (Harold e Maude, Oltre il giardino), Mr. Beaver riesce a essere oscuro e disturbante. Insinuando un malessere profondo e facendo trionfare una delle poche ipotesi credibili di cinema americano contemporaneo genuinamente classico.
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