Regia di John Cameron Mitchell vedi scheda film
E' possibile superare la morte di un figlio? Esiste forse un dolore più grande? Com'è possibile continuare a vivere quando tutto non ha più alcun senso? E' plausibile trovare conforto nella religione, nei familiari o nel proprio compagno? Il tormento ti abbandonerà mai? Ed il presunto senso di colpa? Domande inevitabili che affiorano nella mente dello spettatore man mano che la vicenda di Becca ed Howie Corbett si dipana in tutta la sua disperata (non) rassegnazione. Tratto da una pièce teatrale e costruito per buona parte sulle spalle dei propri protagonisti, "Rabbit hole" è un dramma intenso ed impietoso come solo la vita sa essere in certi frangenti. Cinema ad alto impatto drammatico che magari non convince in tutte le sue sfaccettature (alcune scelte e comportamenti della madre sono quantomeno opinabili e buona parte dei comprimari risultano incosistenti) ma che tocca le corde giuste rendendosi credibile soprattutto nella messa in scena del quotidiano, con quell' angoscia che cresce progressivamente sino al momento del trabocco. John Cameron Mitchell dirige con i tempi giusti, forte di uno script solido - non a caso il testo d'origine s'aggiudicò il Pulitzer - e dell'ottima prova fornita da una (finalmente) ritrovata Nicole Kidman e da un intenso Aaron Eckhart. I due convincono senza strafare, mantenendosi sulle righe e conferendo nuova linfa ad una storia che, senza, sarebbe potuta anche sembrare l'ennesima elaborazione di un lutto.
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