Regia di John Cameron Mitchell vedi scheda film
Il gusto dell’ibrido. Riguarda quei registi che iniziano a girare un film partono da un thriller e finiscono per votarsi poi a film drammatici con quella vena di romanticismo che, diciamolo, non gusta mai! Peccato, in questo caso è un vero e proprio peccato anche perché a passarsi la palla davanti alla macchina da presa ci sono Nicole Kidman e Aaron Eckhart, perfetti nei rispettivi ruoli di Rebecca e Howie Corbett, coppia benestante, travolta dalla scomparsa improvvisa del loro unico figlio ma non stravolta come la si vorrebbe, quantomeno per non trovarsi a chiedere se sia più reale ciò che vediamo rispetto a ciò che crediamo; dopotutto quale è la reazione giusta davanti ad una perdita tanto drammatica?
John Cameron Mitchell ci prova ma, ad un certo punto, non sembra più tanto convinto di ciò che racconta e allora vira, cambia direzione e finisce per propinarci un dramma consunto dove lui soffoca il dolore tradendo lei che cerca nel responsabile del suo dramma la risoluzione del suo senso di colpa mai sopito. E allora, buio in sala e titoli di coda, signore e signori, perché circa alla metà della pellicola sarebbe già possibile alzarsi dalla poltrona e dirigersi all’uscita e andrebbe (forse) anche bene così non fosse che, ormai smarrito, Mitchell, tenta il tutto e per tutto e ci offre un finale non degno della narrazione alla base del racconto iniziale.
Tratto dall’omonima pièce teatrale di David Lindsay-Abaire, che ha scritto personalmente la sceneggiatura, l’impressine generale è quella di stare davvero davanti ad un palco teatrale avendo però a disposizione gli strumenti della settima arte che avrebbero dovuto spogliare il racconto delle impostazioni tipiche di un dramma teatrale e arricchirlo attraverso la generosa armatura di fatti e circostanze che solo il cinema concerne.
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