Regia di Peter Weir vedi scheda film
Fuga dal gulag. 6000 km a piedi dalla Siberia al Tibet, dalla Cina all’India. Un’impresa disperata, dai contorni sovrumani. L’unico modo per scampare all’orrore e, forse, tornare a casa. Weir mette in scena la sua seconda guerra mondiale passando per il versante russo, raccontandoci una storia di resistenza e speranza dal discreto impatto emotivo. Prigionieri polacchi, criminali sovietici, persino un rifugiato americano, in una stoica evasione attraverso le terre ed i climi più impervi che la mente possa immaginare. Una vicenda corale, rigorosamente on the road, all’insegna di coraggio e caparbietà ma anche di sacrificio e devozione in un consolidarsi di rapporti umani e solidarietà che va in diretta antitesi con la follia di un conflitto che divampa in ogni dove. Materiale narrativo di quello che scuote le coscienze e che induce a non dimenticare mai, inscenato in maniera tanto sobria quanto suggestiva lasciandosi alle spalle i campi di battaglia e concentrandosi su di una sfida metaforicamente contro natura. Decisive le ambientazioni, un po’ meno le digressioni conviviali della comitiva anche se contribuiscono a definire i vari caratteri dei personaggi. Non mancano momenti eccessivamente romanzati ed i tempi risultano un po’ troppo dilatati ma nel complesso ci troviamo di fronte ad una pellicola di tutto rispetto con tanto di cast ben calato nei rispettivi ruoli. Bene Sturgess nei panni del protagonista e godibile l’apporto famelico (intelligentemente contenuto) di Farrell in quelli del bizzarro malvivente che si unisce alla spedizione. Ed Harris, neanche a dirlo, viaggia una spanna sopra tutti. I suoi scambi con Saoirse Ronan (brava), stringono il cuore.
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