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The Way Back

Regia di Peter Weir vedi scheda film

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La recensione su The Way Back

di zombi
6 stelle

i problemi con determinate produzioni di questo genere di film, è che s'intende, si cerca e si vuole creare una sorta di bolla spirituale di rispetto tale, quasi a voler canonizzare l'idea stessa di tutto ciò che ci si appresta a mostrare ad un pubblico, che irrimediabilmente si perde la capacità di mantenere una giusta distanza dall'oggetto film. una distanza giusta a creare un buon film. poi per carità su tutto si può discutere. sul concetto di libertà e rivoluzione del popolo e sui suoi fini ed effetti, che tra l'altro sono sotto gli occhi di tutti. io sarò insensibile e cinico, ma mai sono riuscito a credere a ciò che vedevo. mi sembrava più che altro un episodio di qualche survivor reality, di come ne vanno di moda su canali satellitari come national geographic o discovery channel. loro ti insegnano come lanciarsi da una cascata. come cucinare un serpente del deserto, o dove andare a scovare l'acqua nella malaugurata sfortuna ci si trovi damblé nel bel mezzo di qualche deserto. troppo verboso, troppo intenti tutti a trovare il fiato per spiegare al pubblico cosa stavano vedendo. i comunisti sono stati cattivi e lo sono stati sicuramente peggio di ciò che viene mostrato da weir, il cekista per chi desidera c'è per essere visionato. tutto è sempre troppo teso ad essere epico nei rispettosi confronti di persone che hanno sofferto e sono morte per un'idea abortita e manipolata da assassini di massa. tutto è per certi versi troppo per bene. me lo sono addirittura guardato in lingua originale sottotitolato, per evitare le insopportabili voci del doppiaggio, ma l'idea forte di un tipico prodotto hollywoodiano mainstream valido per un prime time che non offenda nessuno è sempre rimasta al mio fianco. poi sul momento non mi ha nemmeno sfiorato l'idea che l'impresa potesse essere una grande bufala, come viene ipotizzato in rete e che slawomir rawicz sia stato liberato dal gulag in cui era stato imprigionato. nemmeno mi interessa. dietro c'era il messaggio universale di libertà che viene messo in discussione periodicamente da criminali che si credono entità divine che esercitano potere decisionale su cose e persone, disponendone a loro piacimento. 6500 km a piedi dal freddo della siberia all'india britannica, passando a più riprese dal gelo della neve al caldo torrido dei deserti. quasi senza cibo e acqua e ovviamente senza mezzi e attrezzature odierne. il personaggio che mi è piaciuto di più è senza dubbio valka. il criminalotto di secondo rango, a detta di un graduato del gulag il prodotto più vicino all'idea di cittadino perchè non è corrotto da idee e studi come gli intellettuali borghesi, che decide di non varcare i confini della madre patria CCCP. interpretato ottimamente da un colin farrell ispirato e coi visi di stalin e lenin tatuati sul petto, la sua libertà l'ha trovata nel microcosmo della prigione, dove infatti sapeva destreggiarsi e vivacchiare tra sopprusi e furti di ogni genere. ed harris ovviamente ha un viso e due occhi capaci di intensità ormai proprie e indiscutibili anche quando va a scartamento ridotto. jim sturgess è la rappresentanza di un talento medio del tipico interprete che non vado sicuramente a cercare e che fin'ora, nei film visti, non mi ha mai entusiasmato. meglio allora i tipici personaggini di contorno interpretati da gustaf skarsgard, alexandru potocean e dragos bucur. alla fine un film(etto)che proprio non mi aspettavo da peter weir.

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