Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
VOTO : 7.
Si respira tanto dolore in questo film di Inarritu, molto atteso dopo la separazione artistica dal fidato sceneggiatore Guillermo Arriaga che ha generato un prodotto basato su di una struttura diversa (decisamente più lineare), ma senza perdere le coordinate di temi ed un approccio che scava nel profondo senza facili illusioni.
Cinema che lascia un segno deciso nella memoria, un colpo allo stomaco sugellato da una parte finale di altissimo profilo tecnico e narrativo.
Uxbal (Javier Bardem) si divide tra i due amatissimi figli e i traffici illegali che lo portano a stretto contatto con cinesi senza scrupoli e il mercato nero della contraffazione (e non solo).
Quando il destino gli volta le spalle, ed il suo tempo su questa terra diventa improvvisamente a corto raggio per colpa di una grave malattia, prova a sistemare un po’ di tasselli (per esempio offre l’ennesima possibilità alla moglie), ma quanto lo circonda non offre particolari appigli.
Racconto cupo che si avvale di una Barcellona spietata (ottimamente fotografata nel suo “sporco” vivere quotidiano), tanto lontana dagli spot turistici (la Sagrada Familia s’intravede ma solo da lontano circondata da gru, mentre di vie brulicanti di vita non ve ne è nemmeno l’ombra), presentata nei suoi bassifondi dove ci si deve baramenare per andare avanti.
Il percorso costruito è una lenta, ma costante, discesa verso la morte, con un accumulo di disgrazie e fatti che non vanno come dovrebbero, mentre il tempo di Uxbal per cercare di dare qualche certezza ai suoi figli sgocciola.
Un viatico che col tempo assume fisionomie anche metafisiche (lo splendido finale quando Uxbal si ritrova nel letto morente accanto alla figlia, un passaggio di consegne), che si concentra sul personaggio cardine, ma non si dimentica del contorno del mondo (ancora una volta c’è, seppur sullo sfondo, una babele di razze, tra gli africani che vendono merce contraffata, e non solo, in strada ed i cinesi che lavorano in nero per sedici ore al giorno) e della famiglia.
Un viaggio a senso unico che probabilmente eccede in alcuni aspetti (di accumulo di situazioni non determinanti e di tempo, quasi due ore e mezza mi sono sembrate un tantino troppe), ma sa anche ripagare non solo con una durezza estrema (la morte dei lavoratori cinesi, più in generale un mondo dove i più deboli subiscono, vedi il rimpatrio del senegalese amico di Uxbal), ma anche con alcune scene di ottima fattura (vedi per esempio quando Uxbal abbraccia la figlia e sentiamo il battito del cuore) ed un finale esemplare che da lustro a tutto il film.
Opera quindi personale ed autoritaria, probabilmente imperfetta, ma quando si affrontano temi così umani (la malattia, la paternità, l’amore) all’interno del nostro mondo “inumano” (pieno di prevaricazioni, torti e mancate possibilità), qualcosa si può anche concedere.
Tanto più se la mano che riprende sa farlo così bene.
VOTO : 7.
Alla prima senza lo sceneggiatore di sempre, conferma tutto il suo talento, raccontando una storia complicata denotando un talento rappresentativo decisamente importante.
VOTO : 8.
Immenso.
Recitazione sofferta, personale ed imperiosa.
Indimenticabile.
VOTO : 6,5.
Brava, ruolo molto complicato che ben rappresenta.
VOTO : 6+.
E' il poliziotto corrotto.
Adeguato alle circostanze.
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