Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
Ben poco “biutiful” Bardem abbrutito nei modi e dagli eventi, tranne che nella passione per i due figli a cui non è dato sapere cosa riserverà una sorte cosi micidiale.
Per teatro una Barcellona cupa, fumosa, grigia di sporco, ansimante di fuga, di scalpiccìo tra vicoli che non vedranno mai un turista, di piatti eternamente da lavare; le ramblas sono lontane, la Sagrada Familia solo indistinto controluce. Navighiamo tra subumanità masticata, ma l'altra vita incombe con immagini di silenzi, confuse confessioni e stralci d'infanzia.
Sente l'oltretomba Uxbal, e forse avrebbe lui bisogno, invece del Matt Damon di Hereafter, di un fratello in grado di commercializzare il fenomeno, ma no, Biutiful precipita a vite nel peggio del peggio.
Chissà perchè solo noi spettatori affranti offriamo, alla fine, ancora una chance alla senegalese che vorrebbe fuggirsene con un poco di futuro in tasca: perchè la saga del “niente speranza” ci ha spossato fin dai primi fotogrammi probabilmente, e non siamo disposti a subire angherie dal prossimo, e dal destino, in eterno.
Ed Inarritu sembra voler accontentarci nonostante le tinte fosche e gli orizzonti spezzati.
In fondo, ancora “biutiful”, è il mondo disegnato da Matteo, il figlio di Uxbal, sballottato assieme alla sorella nel disordine di tutti quegli adulti attorno, che il mondo (se) lo disegnano in maniera ben peggiore.
Dicono di un film senza speranza. Io l’ho scorta invece.
Aguzzate l’occhio e l’anima, se vi va.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta