Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
Cercando risarcimento alla delirante recensione di FilmTv, sono stato felice di notare il punteggio pari 7,6/10 attribuito invece da IMDB, non tanto per l’acqua che si vuole fare arrivare al proprio mulino (ogni film ha chi lo apprezza e chi no) quanto per dare una bella macinata a quel “punto di non ritorno” citato nella recensione di cui sopra, dato che, piuttosto, ritengo che Iñarittu abbia fatto un ulteriore passo avanti con questo film, è chissà che non sia stato proprio in virtù della mancata collaborazione con Guillermo Arriaga, unanimemente considerata collaborazione di successo, in sede di sceneggiatura. La storia è particolarmente bella, pesante di suo e appesantita, oltre che dalla durata non proprio comoda, da una regia asfissiante fatta principalmente di primi piani a mano libera, di colori scuri e di ambienti ristretti, di ricerca spasmodica dei dettagli delle espressioni, dell’uso continuo e spesso spiazzante della morte, ma anche dell’amore, dell’amicizia, della solidarietà. Iñarittu sfrutta al massimo una delle migliori facce da cinema del mondo (l’ottimo Bardem, meritata palma d’oro a Cannes e inserito nella cinquina dei candidati all’Oscar – nota a margine di un povero fissato ideologicamente contro il doppiaggio: Roberto Pedicini non è e non sarà mai la voce giusta per Bardem -), ne pesca un’altra con Maricel Álvares (Marambra, moglie del protagonista Uxbal, inspiegabilmente non inserita tra gli interpreti nella scheda del film…. meno male che IMDB….), e fa di più ancora, se vogliamo, trovando col piccolo Guillermo Estrella (il figlio Matteo) uno dei bambini migliori che si siano mai visti giocare a fare l’attore. Ma realizza soprattutto il suo quarto bel film, confermandosi autore profondo e di spessore.
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