Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film
Bellissima rilettura del Mito di Medea da parte di P.P.Pasolini
Medea è la perdita di tutti i sogni e le illusioni. Niente ideologia. C’è solo il vivere…(Pasolini)
Le prime immagini di MEDEA sembrano arrivare direttamente dall’epoca, bellissime e limpide con il centauro (Laurent Terzieff doppiato da Enrico Maria Salerno) che dialoga col piccolo Giasone. Altrettanto lo è la scena del sacrificio umano sotto lo sguardo di Medea, sacerdotessa della Morte nella società tribale della Colchide. Due mondi si contrappongono: quello arcaico di Medea e quello “moderno” di Giasone. Quest’ultimo per prendere il trono di Pelia deve conquistare il vello d’oro, non si fa pregare e con gli Argonauti saccheggia la Colchide e con l’intervento di Medea prende il vello. Medea si innamora del giovane, fanno tre figli, poi Giasone la abbandona per Glauce, giovane figlia di Creonte sovrano di Corinto. La vendetta di Medea sarà tremenda.
Pasolini rappresenta la tragedia di Euripide in modo visionario e, come sempre, originale. Non c’è amore tra Medea e Giasone, solo un invaghimento fisico - algido e casto ai nostri occhi. Il rapporto tra i due è dettato esclusivamente dalla sete di potere. Il confronto tra oggi e ieri è netto e soggettivo: Giasone intende le relazioni solo come conquista di territorio e popoli, incluse le nozze imminenti con Glauce. Il colonialismo e il terzo mondo. I malefici, le “stregonerie” di Medea sono una reazione e uno strumento di vendetta, a costo di sacrificare i figli e la città ostile di Corinto. Il non accettare il diverso, lo straniero. Porta al suicidio il sovrano e la figlia, il quale l’aveva cacciata nonostante ella tenda la mano che lui ritrae…le tue parole sono dolci, umane ma nessuno può vedere in fondo all’anima. Lo stesso Giasone interpreta l’assenza di dio, declamata dal centauro non più animale (la doppia visione) come motivo per scatenare la sua ambizione, per non seguire più alcuna regola. Mentre Medea, archetipo di femmina generatrice, legata al sangue e alla terra (vedi sequenza d’apertura) cancella ciò che non vive più, i segni materni della carnalità, della materialità costruita con Giasone. Ella uccide il suo stesso mondo perché sporcato dall’opportunismo di lui e perché, come preannunciato dal centauro, la natura è diventata naturale perdendo la sua santità.
Pasolini regista inscena il Mito e i suoi riti con mirabili riprese casuali, vere, documentaristiche (lui contro filmava con la macchina a mano le riprese da cavalletto girate dai tecnici). Unico nel panorama cinematografico a creare mondi lontanissimi in Turchia, Siria, la piazza dei Miracoli di Pisa, la laguna di Grado: scenari fantastici e primordiali grazie al suo occhio e alla fotografia. Luoghi fuori dal tempo, arcaici e mitici insieme. La capacità di far convivere interpreti non professionisti a dive dell’Opera, professionisti e figuranti era speciale. La materia che tratta è influenzata dagli antropologi Mircea Eliade ed Ernesto de Martino. E secondo la tesi Zigaina la pellicola era stata concepita come testamento cinematografico. MEDEA in sintesi è sperimentale, ancestrale, insubordinato.
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