Regia di Agnieszka Wojtowicz-Vosloo vedi scheda film
In seguito ad un tragico incidente Anna (Christina Ricci) finisce nella camera mortuaria gestita dal misterioso Eliot Deacon (Liam Neeson). Il becchino però riesce a parlare con lei: la sala mortuaria è un purgatorio ed Elliot un moderno Caronte, oppure il becchino è uno psicopatico che sotterra vive le sue vittime predestinate?
Con i dovuti paragoni, “After.Life” presenta una struttura che richiama “Shutter Island” e delle atmosfere che ricordano “Il sesto senso”, per un mix molto affascinante. La sceneggiatura riesce molto bene a rimanere in bilico tra le due versioni possibili: disseminando indizi ambigui, la storia, per la discreta regia dell’impronunciabile Agnieszka Wojtowicz-Vosloo, rimane sempre in bilico, lasciando lo spettatore in un limbo dal quale si esce solo nel finale, e nemmeno del tutto, a causa di alcune scelte di narrazione che rimettono tutto in discussione.
“After.Life” ha il suo indubbio fascino, ma i film di Shyamalan e Scorsese a cui è stato accostato, più che un punto di riferimento a cui ispirarsi per poi viaggiare su binari propri, alla fine appaiono come epigoni talmente ingombranti nella loro grandiosità cinematografica da rendere impossibile la considerazione di questo film come di una pellicola completamente originale. Eppure il film si lascia guardare, provocando un trasporto ed una tensione che colgono nel segno rispetto agli intenti degli autori. Tuttavia è innegabile un notevole sovrappiù di sensazionalismo, a partire dal titolo, in cui quell’assurda punteggiatura lascia davvero interdetti, più ancora della storia stessa.
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