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Maurice

Regia di James Ivory vedi scheda film

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La recensione su Maurice

di Antisistema
8 stelle

James Ivory, etichettato dispregiativamente da Federico Frusciante e mio nonno con l'appellativo di "arredatore", bisogna riconoscere che non sempre una grande conoscenza di cinema sia teorica che pratica, porti a dei giudizi corretti su un regista, la cui idea di cinema potrebbe essere fraintesa con conseguenti opinioni ingenerose. Non ho una conoscenza profonda della sterminata filmografia del cineasta, che in effetti potrebbe nascondere numerosi capitomboli, però quelle poche opere viste per ora meritano elogi per lo più; alle quali si aggiunge questo Maurice (1987), premio per la regia a Venezia e Coppa Volpi ai due interpreti, tratto da un romanzo di Forster pubblicato postumo nel 1971, per via dello scabroso tema dell'omosessualita', che è bene ricordare essere punita penalmente fino alla fine degli anni 60' nel Regno Unito, in quanto atto contro-natura, poiché non finalizzata alla procreazione. 

La società ha inculcato in Maurice Hall (James Wilby), l'idea che il percorso per lui prestabilito consistesse nel concepire il sentimento sessuale solo nei confronti di una donna con cui sposarsi e fare dei figli, ma il piccolo crescendo diventa un uomo e frequenta la prestigiosa università di Cambridge, sviluppando un'attrazione irresistibile verso gli uomini, la scintilla della consapevolezza scatta tramite la conoscenza del suo coetaneo Clive Durham (Hugh Grant), al terzo anno di corsi, anch'egli omosessuale, dichiarando il suo amore nei confronti di Maurice.

Nell'Inghilterra della seconda decade del 900' come detto l'omosessualità è un reato penale, essa deve essere vissuta esclusivamente nel privato, vivendo costantemente sull'attenti, con il rischio di essere arrestati e stigmatizzati non solo penalmente ma anche dalla società, che fa terra bruciata attorno a tali soggetti. Maurice è biondo, Clive invece moro, sembrano usciti da un poema dell'antica Grecia, dove i personaggi di tali opere vivono la relazione in modo esclusivamente platonico e mai fisico, così deve essere per preservare la purezza del legame secondo Clive, ma in realtà è solo una giustificazione ipocrita per impedire di dare scandalo, venendo a mancare la componente sessuale però, una relazione non può mai dirsi veramente compiuta, in questo modo la pensa giustamente Maurice, arrivando a farsi espellere dal college che sente essere formato da insegnanti e valori retrogradi.

 

James Wilby, Hugh Grant

Maurice (1987): James Wilby, Hugh Grant

 

Clive però alla distanza tradisce la passione esasperata di Maurice, a seguito della condanna per omosessualità di Lord Risley, letteralmente rovinato dalla condanna penale e dal discredito derivatane, l'uomo decide di reprimere la sua natura sposandosi con la ricca Anne, una donna sciocca quanto frivola, tradendo i sentimenti di Maurice, il quale non concepisce il voltafaccia delle suo miglior amico ed amante. 

La descrizione di Ivory della società inglese del periodo è impietosa quanto senza sconti; in tanti sanno, ma ipocritamente scelgono di non vedere, gettando gli omosessuali in una strada fatta di solitudine dalla quale uscirsene solo con un matrimonio farsa, accettato magari dopo l'ennesima proposta di fidanzamento fatta dalla propria famiglia; ma ciò è un rivestimento destinato e rivelare a lungo andare delle crepe da infiltrazioni, come quella sul soffitto nel salone di Clive, la quale permetterà di far entrare Maurice in contatto con Scadder (Rupert Graves), giovane guardiacaccia della tenuta Durham, arrivando finalmente ad appagarsi anche dal punto di vista sessuale. Siamo ad inizio del 1910, ma Ivory parla chiaramente del suo presente, con la sua posizione assolutamente normalizzante sull'omosessualita', senza andare per forza nel disperato, arrivando a coglierne i momenti di intimità spensierata e la felicità di sentirsi realizzati, trovando finalmente il proprio equilibrio in una società che ti ostracizza, non lesinando inquadrature di nudo integrale maschile, una presa di posizione coraggiosa, poiché negli anni 80' è risaputo come sull'intera comunità omosessuale si fosse abbattutta la scure dell'AIDS. Ne esce una pellicola meno improntata sull'aspetto arredatorio-scenografico rispetto ad altri suoi lavori, poiché il cineasta lavora sullo scandaglio psicologico dei protagonisti; per un Maurice che giustamente non nega se' stesso, nonostante la solitudine sociale derivata dal fatto di non poterne fare parola a nessuno, pena venir malamente frainteso anche dai suoi conoscenti più ristretti, giungendo meritatamente alla sua metà di felicità ergendosi così a simbolo ideologico di un'omosessualita' finalmente accettata e non repressa; Clive invece resterà prigioniero a vita di una farsa borghese-matrimoniale, reprimendo la propria natura, compatendo una possibile strada, che l'uomo non ha mai avuto il coraggio di percorrere fino in fondo, arrivando a negare la propria natura. Liquidato come troppo accademico con troppa fretta da certa critica (non mi pare che nei film da oscar recenti si inquadrino i cazzi maschili, praticamente inesistenti in tale tipo di cinema), forse paga pegno nel voler troppo dire per essere estremamente fedele in tutto per tutto al romanzo, ma l'intento è sincero, dovendo riconoscere di ritrovarsi innanzi ad uno dei migliori risultati del regista.

 

Rupert Graves, James Wilby, Hugh Grant

Maurice (1987): Rupert Graves, James Wilby, Hugh Grant

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