Regia di Ryan Murphy vedi scheda film
L’unica frase sensata, nel tripudio di cliché e mantra da scaffale di narrativa rosa, la pronuncia Billy Crudup, il marito abbandonato, che in fase di divorzio apostrofa la moglie: «Non potevi cercare te stessa nel nostro matrimonio?». Legittimo chiederselo, quando la ricerca del senso della vita intrapresa da Liz Gilbert sembra a conti fatti celare la ricerca del compagno perfetto. Fuggita da New York, dove né?marito né giovane amante la fanno felice, approda prima a Roma, dove riempie lo stomaco ma non il cuore, poi in India, dove medita ma con scarsi risultati, infine a Bali, dove rinuncia alla trascendenza per gettarsi tra le braccia di un piacionissimo Javier Bardem. Non c’è alcun percorso di crescita interiore, nessuna rivelazione o epifania. Oltretutto il personaggio della Gilbert, per quanto autobiografico (il film è fedelissimo all’omonimo bestseller), è totalmente privo di tratti distintivi; svanita la fastidiosa voce off iniziale, ciò che resta sullo schermo è nient'altro che Julia. Fotografata in perenne flou per renderla bella e luminosa come una dea, insaccata in abiti che dovrebbero farne una credibile “falsa magra”, Julia Roberts è Julia Roberts. Mentre mangia gli spaghetti al pomodoro (in una Roma così fasulla e stereotipata che viene da mordere le seggioline della sala) non si può fare a meno di pensare, toh guarda la Roberts che si strafoga di pasta!, mentre passeggia per Napoli ci si chiede cosa pensasse la gente nel vedersi davanti Pretty Woman;?insomma, la sensazione generale è di vedere una diva che gioca a fare la turista in giro per il globo, finanziata dal compagno di goliardate (gli Ocean’s e The Mexican) Brad Pitt, qui produttore esecutivo. Se si aggiunge la notizia, diffusa per il lancio, che l’attrice avrebbe abbracciato l’induismo, lo straniante gioco è fatto: abbiamo appena assistito alla sparizione del cinema. Lo schermo cinematografico si fa trasparente, inconsistente, aderisce a luoghi e divismo e Ryan Murphy (anche sceneggiatore in coppia con la sodale storica di Nip/Tuck, Jennifer Salt) non sembra fare nulla per evitare che la sua opera seconda si trasformi nel (lungo e patinato) filmino delle vacanze di Julia.
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