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The Host

Regia di Joon-ho Bong vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su The Host

di alan smithee
10 stelle

Ad inizio dell'anno 2000 un anatomopatologo americano responsabile di un obitorio coreano, dà ordine ad un sottoposto di gettare direttamente nello scarico del lavandino, una serie di contenitori di formaldeide ormai scaduti, anziché procedere alla regolare ma più laboriosa e costosa dismissione come sostanza inquinante.

Tempo dopo, tra le acque del vicino fiume, un pescatore si accorge della presenza di uno strano piccolo anfibio dalle forme mostruose, e lo ricaccia in acqua, disgustato.

Mesi dopo, da quelle medesime acque, emerge improvvisamente un mostruoso, gigantesco anfibio affamato che, ormai a corto della fauna fluviale, si dirige sulla terra ferma per procurarsi cibo, seminando il panico tra i cittadini impauriti.

Tra costoro, la regia ci permette di familiarizzare con una peculiare famigliola che gestisce un chiosco per turisti in riva al lago che cinge il fiume, portato avanti dal balordo figlio dai capelli biondi dell'anziano capo famiglia (lo interpreta la star coreana Song Kang-ho, già protagonista di Memories of murder, e futuro capofamiglia povero ma ingegnoso di Parasite), che tuttavia si prodiga a controllare l'operato del caratterialmente piuttosto pittoresco figlio. 

Costui ha due fratelli, di cui una campionessa di tiro con l'arco (l'attrice-star Doo-na Bae, già vista in precedenza nel bizzarro esordio cinematografico dell'autore, Barking dog never bite), ed una figlioletta adolescente, che finisce presto preda del mostro, e data per una delle molte vittime dell'aggressione della belva.

Ferito nel tentativo di salvare la figlioletta, il nostro protagonista viene internato assieme alla famiglia perché sospettato di aver contratto un virus nel contatto col mostro.

Grazie ad un cellulare, la famiglia ormai sotto controllo, riesce a scoprire che la bambina non è morta, ma si trova in un sotterraneo vicino al fiume, che la creatura ha scelto per depositarvi le sue vittime, in attesa di cibarsene. Assieme alla piccola, risulta sopravvissuto anche un bimbo ancor più giovane, catturato dal mostro e da questi considerato un pasto pronto all'uso.

A quel punto, bloccati in quarantena, i familiari escogiteranno un piano abbozzato e pieno di falle che tuttavia si rivela il solo modo per cercare di salvare la piccola dalle grinfie della belva.

Visto nel 2006 in seno alla Quinzaine di Cannes ove il film venne proiettato tra l'entusiasmo di chi si apprestava a scoprire un regista talentuoso ancora sconosciuto ai più, nonostante il notevole memories of Murder, ancora pressoché ignoto ai più, The Host (in originale Gwoemul) è un capolavoro di tattica cinematografica, in grado di giostrarsi tra i generi cinematografici più disparati, con una maestria ed un ritmo che neppure al più grande e noto tra i registi in grado di giostrarsi tra prodotto commerciale e qualità artistica - ovvero Steven Spielberg - è mai capitato di raggiungere in questi termini di perfezione.

Questo almeno è il mio personale punto di vista: The Host risulta stupefacente ancor oggi per la verosimiglianza in cui è stato realizzato e fatto interagire il mostro rispetto ai protagonisti (figurarsi nel 2006 alla prima, emozionante proiezione sul grande schermo dell'allora Noga Hilton, ora Palais Croisette, disposto proprio di fronte alla leggendaria Croisette); ma anche e soprattutto per come riescono la salda sceneggiatura e la splendida mano registica a giostrare una storia a metà strada tra la fantascienza e l'horror, addentro ai confini della commedia familiare con piccole esilaranti incursioni nella comicità più scatenata.

E la fotografia straordinaria, che rende il luogo più inospitale e sinistro a cui si possa pensare - ovvero il "carniere" ove il mostro custodisce le sue vittime con un premuroso ed a suo modo assennato e razionale senso di gestione delle risorse - uno dei luoghi cinematograficamente più suggestivi che siano mai stati riprodotti ed offerti alla visione del pubblico.

Senza contare che la fobia del contagio da virus, rivista oggi, assume toni - grazie proprio ad una recensione colpevolmente tardiva come lo è la mia ora - a tutti gli effetti sin inquietanti, proprio alla luce della drammatica e caotica situazione che ci sta riguardando in tempi di tensione da Coronavirus, anche grazie alla presenza di ironicissimi spot-pillole-sipari narrativi come avviene per lo strepitoso, irresistibile episodio dello starnuto e del probabile contagio tra la folla dopo il passaggio di un autobus in mezzo ad una pozzanghera "contaminata". Un episodio di cinema destinato in questi giorni a diventare virale nel frenetico succedersi di spot ironici, se non proprio morbosamente sarcastici che si susseguono su whatsapp come una catena ininterrotta.

Uno spasso, questo film che unisce tensione a divertimento più dei Predatori dell'Arca Perduta, la quotidianità di vita tipica della commedia ed il senso dell'affetto familiare ancor più di quanto produceva E.T., oltre ad una tensione a fior di pelle degna di Alien, per un film-gioiello che rimane a tutti gli effetti un blockbuster, anzi "il blockbuster", ma che, anche grazie a ciò, trasuda quella autorialità e quella perfezione che renderanno il regista Bong Joon-ho un cineasta degno del primato da Oscar ottenuto quest'anno con il pluripremiato, famosissimo ed eccellente Parasite, già Palma D'Oro assai meritata quanto a sorpresa del Festival di Cannes 2019.

 

 
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