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The Host

Regia di Joon-ho Bong vedi scheda film

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La recensione su The Host

di chinaski
8 stelle

L’assistente di un dottore svuota nel lavandino (fogne, fiume) di un laboratorio una vasta quantità di formaldeide. Un uomo si suicida da un ponte, gridando qualcosa all’acqua, che scorre sotto di lui. La pioggia cade incessante.

Durante una giornata in riva al fiume alcune persone osservano uno strano essere attaccato sotto un ponte. L’essere cade nel fiume, le persone iniziano a tirargli delle cose, un mostro anfibio esce dalle acque, iniziando a seminare il terrore.

Quello che sembra l’inizio di un qualsiasi b-movie di fantascienza è invece l’incipit di un ibrido cinematografico che riesce a vivere grazie ai diversi generi che lo compongono. Commedia, sci-fi, horror, melodramma. Bong Jo-hoo sfrutta i vari elementi propri di ogni genere per far risaltare le diverse anime della sua pellicola. I rapporti tra i vari membri della famiglia Park (a cui il mostro ha sottratto la piccola Hyun-Seo) sono regolati da una comicità a tratti grottesca, con azioni e gesti istintivi che fanno sorridere, a volte, per la loro ingenuità, si usa l’horror  per trasmettere angoscia, nella tana della creatura, i colori cupi, lividi, umidi delle pareti e dell’acqua che si muove sotto i pilastri del ponte, i toni scuri del verde, del blu, del grigio disegnano irrazionali cromatismi che inquietano, come le inquadrature del ponte, la sua geometrica staticità, che contrasta il fluido e misterioso scorrere del fiume, che nasconde segreti e mutazioni e macabre storie. La fantascienza si esprime nel plot, nella forma estetica del mostro e nella sua realizzazione digitale, il melodramma è quello della perdita di una figlia e della sua ricerca e poi altri livelli di lettura: il problema dell’inquinamento, le lotte contro il regime, l’incapacità del sistema medico-sanitario di fronte ad una emergenza.

Il regista manovra i vari generi secondo le proprie esigenze narrative, rifiutando però i codici più conosciuti della fantascienza occidentale, dilata i tempi dell’azione, in contrasto all’uso del montaggio frenetico proprio di questi film, si rimane quindi costantemente spiazzati dalla visione, perché non si sa mai come si concluderà una sequenza, se con un sorriso, un brivido o un urlo di paura. Viene ridefinito (lasciandolo allo stesso tempo libero) il concetto di sci-fi, ci si muove in una dimensione filmica fluida e torbida, dove le immagini si fissano nella mente, per poi sparire in quelle che seguiranno, in questo modo viene scardinato il nostro sguardo assuefatto, in questo modo qualcosa di già visto diventa una nuova sostanza per i nostri occhi.

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