Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Germania, 1943: la bella Maria si sposa sotto le bombe con l’ufficiale della Wehrmacht Herrman Braun, immediatamente inviato sul fronte russo, da cui non ritorna a guerra conclusa. Come altre spose di soldati dispersi, Maria passa penosamente le giornate nelle stazioni con un cartello col nome e la foto del marito, nella trepidante attesa di vederlo scendere dal treno dei reduci.
Dopo mesi di attesa vana, sicura di essere rimasta vedova, Maria inizia a pensare di rifarsi una vita, anche per uscire dalle ristrettezze economiche in cui versa la famiglia (composta dalla madre e dal nonno) nel durissimo periodo postbellico, utilizzando l’unica risorsa che le rimane: la sua bellezza. Inizia così a frequentare locali equivoci, dove donne tedesche si prostituiscono per i soldati americani, e di uno di questi Maria diventa l’amante. Come la Germania, Maria Braun vuole risorgere dalle macerie in cui il conflitto mondiale l’ha ridotta, brama una vita agiata che la riscatti dalle miserie e dai sacrifici patiti, e, come il su paese, si affida al vincitore a stelle e strisce. Con l’aiuto di Bill, infatti, tutta la famiglia comincia a risollevarsi economicamente, così come gli aiuti americani contribuiscono alla rinascita economica tedesca. Ma il ritorno improvviso e inatteso di Herman, che era rimasto per tutto questo tempo prigioniero di guerra dei sovietici, cambia tragicamente tutto: il marito la sorprende con l’amante, nella colluttazione che ne segue Maria uccide l’americano, ma al processo Herman si addossa la colpa per proteggere la moglie. Maria, rimasta di nuovo sola, seduce un ricco imprenditore, di cui diviene collaboratrice e amante, facendosi associare alla conduzione dell’azienda: le sue idee innovative e i suoi mezzi spregiudicati fanno prosperare l’impresa e le permettono di raggiungere finalmente quell’agiatezza tanto bramata. Anche se Maria continua ad amare soltanto Herman, da cui però continua a rimanere separata (prima per la prigionia sovietica, poi per il carcere tedesco, infine per la volontà di lui di allontanarsi emigrando all’estero), non può rinunciare agli altri uomini, che le servono per raggiungere e mantenere la posizione sociale che desidera, convincendosi anche che lo sta facendo per preparare la vita che lei ed il marito potranno condurre insieme una volta riuniti. Quando nel finale pare che, in seguito ad un accordo tra i due uomini, Maria possa avere insieme Herman e la vita alto-borghese, è chiaro che i due non si amano più, ed il tragico finale, accompagnato dalla telecronaca della finale dei mondiali di calcio del 1954 tra Germania e Ungheria, pone bruscamente fine ad ogni illusione. Sui titoli di coda scorrono emblematicamente le immagini dei cancellieri tedeschi del dopoguerra.
“Il matrimonio di Maria Braun” fa parte del trittico di pellicole con cui il regista volle rappresentare (impietosamente) la Germania post-II guerra mondiale attraverso potenti figure femminili (le altre due sono Veronika Voss e Lola). Considerato da molti il suo capolavoro, certamente si tratta di uno splendido melodramma vibrante e coinvolgente, con cui Fassbinder realizza la sua personale versione tedesca del grande melodramma hollywoodiano degli anni 50. Visivamente elegante, ben strutturato e curato nei dettagli della ricostruzione dell’atmosfera del tempo (nonostante il ritmo forsennato con cui l’autore dirigeva pellicole), ricco di scene che rimangono impresse negli occhi nella memoria, da quella inziale al finale, al ballo familiare alla visita alle rovine della scuola distrutta.
La splendida Hannah Schygulla, brillante interprete del personaggio di Maria Braun e personificazione stessa della Germania, è l’anima del film di cui illumina tutte le scene, irradiando fascino seduttivo, speranza e romanticismo, ma anche ambizione, spregiudicatezza e volontà ferrea.
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