Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Probabilmente l’opera più celebrata del cineasta teutonico Rainer Werner Fassbinder, ed un ritratto austeramente caparbio e graffiante della Germania post-nazista, purtroppo ancora di difficile reperimento nella versione italiana per l’home video. La musa ispiratrice di una nazione in forte declino economico ed intellettuale è una provocante Hanna Schygulla nel ruolo di Eva Braun, donna dal temperamento risoluto ed aggressivo che in una Berlino distrutta dai bombardamenti della guerra ed ora in preda alla miseria, decide di prostituire il suo corpo per tirare avanti, accettando ogni compromesso relazionale ben distante da una condotta ortodossa o sentimentalista. La Braun in effetti è un’allegoria spiazzante di un Paese sotto il rischio di perdere una sua identità (e non solo), i cui ideali ormai giacciono sotto le macerie del terzo reich. La poliedricità, facilmente equivocabile, delle simboliche incarnazioni della protagonista, porta lo spettatore a seguire più livelli di lettura, i quali trovano come filo conduttore l’alternarsi delle astrazioni relative dapprima alla rettitudine e poi all’involuzione dell’atteggiamento di questo personaggio; quel tipo di stabilità matrimoniale che vorrebbe costruirsi tra le mura di casa è lontana dalla drastica realtà che incombe fra le strade e le sue rovine. Sperando in un futuro prospero della sua relazione coniugale (quando scopre che il compagno è sopravvissuto agli scontri a fuoco) la Braun diventa inesorabilmente una vestale di un sogno di benessere e felicità che prende pietosamente la forma di un miraggio plebeo ed impetuoso. Questa visione distorta dell’oggettività dei fatti viene spezzata proprio dall’irruzione inaspettata del marito Hermann, creduto defunto, e capace di restituire all'affresco d'insieme quella percezione d’attendibilità storica più vicina alla concretezza delle vite di entrambi, sia durante il brusco scontro con l’amante di colore della moglie che nella collaborazione per fini di business con l’imprenditore Oswald. Le conseguenze perniciose che ne concluderanno il dramma questa volta verranno messe in luce da un linguaggio filmico in grado di rendere il messaggio di Fassbinder più agibile e meno ermetico delle analisi sperimentaliste adoperate nei suoi mélo: pur trattandosi di una pellicola di grande vigore autoriale giudico questo lavoro il secondo tra i più belli del regista, tallonato solo dal meraviglioso “Angst essen Seele auf”.
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