Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Se “Germania anno zero” aveva rappresentato il punto più basso della storia tedesca, il momento dal quale non c’era che da cominciare a ricostruire, “Il matrimonio di Maria Braun” descrive l’inizio di quel processo di ricostruzione. Non c’è granché da ridere né da divertirsi, ma da assumersi le proprie responsabilità e rimboccarsi le maniche, come fanno, con grande spirito di sacrificio, Maria e suo marito Hermann. Con il loro comportamento, saranno entrambi artefici del miracolo economico tedesco, quello di un paese che è diventato una potenza economica, partendo da una prima metà del ventesimo secolo, nella quale aveva perso, rovinosamente, due guerre di portata mondiale. Anche Maria, come del resto il suo paese, è sempre divisa in due: spartita a più riprese tra due uomini che vorrebbero amarla per sempre, ma anche tra le urgenze dell’amore e quelle degli affari, nonché tra la sua naturale arroganza e la necessità di adattarsi alle circostanze. Così, quindi, come la Germania Ovest dovrà rinunciare alla propria potenza militare (sentiamo il cancelliere Adenauer affermare che il paese non ricostituirà un esercito) e dovrà trovare altri mezzi per sembrare di nuovo grande agli occhi del mondo, magari attraverso l’economia e lo sport (in sottofinale sentiamo la radiocronaca della finale dei Mondiali di calcio del 1954, dove la Germania Ovest dei fratelli Walter batté l’invincibile Ungheria di Puskas, in quella partita che per i tedeschi è rimasta alla storia come “il miracolo di Berna”), così Maria ha saputo essere “golpe et lione” per raggiungere gli scopi che si era prefissa. Anzi, quasi tutti. Perché quando scoprirà che tutto il suo affannarsi non è servito, alla fine, che a farsi usare dagli uomini, non diversamente da quando faceva l’entraineuse in un locale notturno per soldati americani, il degno finale sarà l’annientamento totale. “Il matrimonio di Maria Braun”, che consacrò la celebrità internazionale di Fassbinder (negli annuari di critica cinematografica più dozzinali non si trova quasi nessun commento sui film del regista tedesco prima del 1978, mentre ne pullulano negli anni successivi, con la riscoperta anche dei suoi film meno conosciuti) e rivelò al grande pubblico le qualità della Schygulla, è un melodramma che coniuga bene l’autorialità europea con la spettacolarità hollywoodiana. E, grazie a queste sue caratteristiche, è uno dei film fassbinderiani più riusciti.
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