Spoglie imago di uomini vuoti divorano innocenza già maciullata, col sangue a inchiostrare la pellicola, sgorgando. I morti muoiono di nuovo e ancora, burattini richiamati in vita per stilare un processo, marionette rianimate per stendere una sentenza per poi rieclissarsi nel nulla dov'erano stati cacciati: il niente tra le pi-e/a-ghe della Storia.
Quadrilatero affaccio sulla prospettiva baltica / 1 : - “November” - Rainer Sarnet, 2017, Estonia, XIX sec., B/N - “Pokot” (“Spoor”) - Agnieszka Holland, 2017, Polonia, inizio del XXI sec., Col. - “Risttuules” (“In the CrossWind”) - Martti Helde, 2014, Estonia, metà del XX sec., B/N - “Sauna” - Antti-Jussi Annila, 2008, Finlandia, a cavallo tra il XVI e il XVII sec., Col.
«Noi non possiamo cambiare la geografia, né lo potete voi. Siccome Leningrado non può essere trasportata via, la frontiera deve essere spostata più lontano.» - Iosif Stalin (Guerra d'Inverno, 1939-'40)
Parentesi della Storia / 4 : “Sauna” : l'Inferno sulla Terra: un Tempo ed un Luogo alle Spalle di Dio (edificati con le proprie azioni).
- “Capitano Spore, entrambi rappresentiamo potenze che non lasciano, mai, il loro posto. Solo occasionalmente consentono che i loro confini vengano ritracciati col sangue, quando si sono stancate dei precedenti.” - “Ah! Lei parla di Dio e di sé stesso...” - “No. Parlo della Svezia e della Russia. La cosa più giusta sarebbe che entrambe le parti prendessero la metà di questa orribile palude.”
Carelia Bianca del Nord (Lapponia), da qualche parte (prevalenti location produttive esterne: Repubblica Ceca) poc'oltre il Circolo Polare Artico e di poco a sud del medio corso del fiume Kiertama (più che Baltico, Ladoga e Onega, qui s'odon gli scrosci del Mar Bianco e del Mar Glaciale Artico), 1595 (11 giorni prima). Mentre la ripresa di una delle tante guerre tra Finlandia (sotto il dominio svedese) e Russia è stata per il momento sospesa e postdatata alla prossima volta, i futuri in anticipo antenati scandinavi (svevo-finnici) di Mason & Dixon e Lewis & Clark, assieme ai loro colleghi zaristi (Ivan IV il Terribile era morto dieci anni prima), percorrendo versta dopo versta, senza saltare nemmeno un acquitrinoso pantano scafato-paludato, affondando negli sfagni tra larici, betulle e brughiere della taiga al confine con la tundra, ri-disegnano, cartografando mappe mentre ne percorrono la rappresentazione reale, e ri-determinano il limine tra - e per conto di, per decidere a chi andranno le tasse di chi - il Sotto-Regno suomi dell'Ovest e il prossimo di lì a venire oltre il sol dell'avvenire Impero sovietico dell'Est sino a giungere, nel bel mezzo di un apparentemente con ogni buona ragione disabitato (“the Village”) stagnante brago paludoso (PaskaLampi - Shit Pond - Stagno di Merda), nei pressi di una monolitica casamatta semi-sommersa dalle fredde tanniche acque ferme: un fantascientifico (non-edificio fuori-luogo) parallelepipedo brutalista in cemento a guisa di sauna che, se non appare come un tardis qualunque più grande all'interno che all'esterno (“Under the Skin”), ammicca ai viaggiatori spalancando e richiudendo l'unica entrata, il rovescio nero di un monolite vuoto, inghiottendone i curiosi visitatori ivi attratti e richiamati nei pressi (“Stalker”).
“Capitano Spore, quegli occhiali la fanno sembrare quasi una persona civile. In realtà lei è un invalido, che ha vissuto sin troppo a lungo. Lei ha paura della pace, perché la fine della guerra le porterebbe via la giustificazione per gli omicidi che ha ancora in mente di compiere.”
(...72.) E 73, 74 e 75. (E 76. E 77.) E 78. E non un solo militare, ma tutti contadini; e vecchi, e donne, e un ragazzino.
“Credo che l'Impero Russo sarà un luogo più grande senza queste terre.”
Secondo lungometraggio, dopo il folklor-action su commis-s/t-ione cinese “Jade Warrior” e prima del recente dramma di storia contemporanea “Ikitie”, di Antti-Jussi Annila, “Sauna”, sceneggiato da Iiro Küttner (fotografia: Henri Blomberg; montaggio: Joona Louhivuori; musiche: Panu Aaltio) e interpretato da Ville Virtanen e Tommi Eronen (i due fratelli finlandesi, uno soldato e l'altro cartografo, che agiscono sotto la corona svedese), Viktor Klimenko, Kari Ketonen e Rain Tolk (i tre emissari russi), Vilhelmiina Virkkunen, dall'esordiente Sonja Petäjäjärvi e dalla musa kaurismakiana Kati Outinen, è un film più grande delle parti che lo compongono (già ottime di per loro), che rischia, dominando l'impresa, destreggiandosi sul crinale tra il già visto e il moraleggiante, addentrandosi su picchi e pendi(c)i ed erte cime e valli, e vette e convalli non dell'inesplorato e dell'inedito già mai affrontato, ma del detto meglio.
«Un monaco ha scritto: “Forse non è una sauna. Ai nostri occhi appare come tale perché non comprendiamo cosa sia.”»
Impressionante sotto-finale [anche se già scritto, e più che (in)immaginabile, ché il finale vero e proprio è il prologo, 11 giorni dopo] in cui spoglie imago di uomini vuoti divorano innocenza già maciullata, col sangue a inchiostrare la pellicola, sgorgando. I morti muoiono di nuovo, e ancora, burattini richiamati in vita per stilare un processo, marionette rianimate per stendere una sentenza, per poi rieclissarsi nel nulla dov'erano stati cacciati: il niente tra le righe della Storia scritta dai vincitori, cioè dai carnefici superstiti.
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