La Birmania è vittima da 40 anni di una violenta dittatura militare che riesce anche nell'intento di far trapelare pochissime informazioni su di sé al mondo occidentale. Questo documentario racconta in maniera efficace sia la rivolta pacifica del 2007 (purtroppo fallita) in cui 2000 monaci buddisti marciarono in preghiera contro i militari, sia la storia del collettivo di videoreporter anonimi che hanno cercato di documentarla esponendosi al rischio di torture e condanne a morte pur di mostrarla al mondo.
Note
Lo stile incerto, il montaggio semplice come le parole del protagonista, sono, come l’acerbo lavoro della piccola Makhmalbaf, naïf ma incisivi. Nei replay della morte del reporter giapponese c’è lo Stone di JFK. Joshua è un novello Zapruder. Scusate se è poco.
Il film inizia con una didascalia che avverte il pubblico che le immagini che verranno mostrate sono reali e i reporter che le hanno girate le hanno fatte arrivare all'estero di nascosto (è mostrato anche come la cosa è stata fatta!). Poi parte il film che alterna momenti ripresi dallo schermo di un computer (cioè la macchina da presa filma il monitor che le trasmette!) con… leggi tutto
In questa giornata dedicata alla Libertà di Stampa parlo del giornalismo legato al cinema e alle difficoltà del quale ogni giorno i reporter vanno incontro per dare voce alla verità.
Stavolta ci occuperemo di quei film che gli autori hanno avuto problemi durante la realizzazione per motivi di censura (spesso legata al regime di alcuni paesi di appartenenza).
Il film inizia con una didascalia che avverte il pubblico che le immagini che verranno mostrate sono reali e i reporter che le hanno girate le hanno fatte arrivare all'estero di nascosto (è mostrato anche come la cosa è stata fatta!). Poi parte il film che alterna momenti ripresi dallo schermo di un computer (cioè la macchina da presa filma il monitor che le trasmette!) con…
"Nomi di paesi: il nome", scriveva Proust.. Birmania: nome proibito, che non si può pronunciare. "File interminabili di monaci che camminano silenziosi e risoluti in mezzo a due ali di folla con le loro teste…
Il geniale e criptico Guy Debord di sicuro non pensava a Burma VJ scrivendo La società dello spettacolo. L’elaborata, profetica, implacabile analisi di 43 anni fa del filosofo-regista, però, si specchia in questo documentario che riassume in sé contraddizioni etiche ed estetiche dei nostri tempi. Se quella società dello spettacolo trasformava i lavoratori in consumatori (e non solo),…
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