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Il sottile fascino del peccato

Regia di Franco Salvia vedi scheda film

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La recensione su Il sottile fascino del peccato

di OGM
6 stelle

Il sottile fascino della provincia. Verace B-movie all’italiana, che elude abilmente sia la patinatura delle attuali fiction da prima serata, sia il trash della commedia nazionalpopolare. A quest’ultima fa solo innocentemente il verso con qualche citazione en passant a base di sesso e ragazzate; e intanto strizza l’occhio agli sceneggiati RAI degli anni 60/70, con Nino Castelnuovo, Nando Gazzolo, Lorenza Guerrieri, che ritornano sul grande schermo per ricordarci, anche nello stile recitativo, quella che una volta, dalle nostre parti, era la suspense della domenica pomeriggio in famiglia. A quelle suggestioni rétro  rimanda anche il titolo, certamente  pretenzioso per i canoni odierni, ma perfettamente in linea con quell’aura melodrammatica che circondava l’incantamento televisivo di allora. Allo stesso tempo l’opera si fregia di elementi classici del giallo d’appendice, come la donna fascinosa e diabolica (Milena Miconi) e il poliziotto dallo charme latino (Danny Quinn).  Questo film è un purissimo made in Italy che prende spunto dal come eravamo per dipingere, con spessi tratti di pennello, un casalingo ritratto del come siamo. La sua anima è una miscela artigianale di orgoglio di campanile in formato cartolina, di pubblicità occulta da dépliant in cassetta, di chiacchiere ed intrighi di paese che si fanno cinema senza passare attraverso il filtro dell’arte. La sua forza è l’autenticità di uno spirito vintage nostrano, ormai sovrastato dai clamori della globalizzazione, e che però sopravvive tenacemente nei piccoli sogni delle realtà locali: quelli la cui eco, occasionalmente, risuona anche nei mass media, sulla scia dei fatti di cronaca, attraverso le ricostruzioni, in odore di romanzo, delle trasmissioni come Chi l’ha visto?.   Franco Salvia ci regala un thrillerino della porta accanto, che tra climax alla Dario Argento e scene madri da giornale illustrato, è un cocktail, di gusto un po’ turistico, a base di  amore per la propria terra, sensualità mediterranea, folclore ed occultismo. E si permette di scherzare sul proprio carattere low budget, inserendo un clamoroso blooper nella scena dell’arrivo del treno alla stazione.  Un’opera sicuramente migliorabile, però squisitamente modesta, provocatoria senza impertinenza, volutamente imperfetta ed inspiegabilmente deliziosa,  appartenente a un genere a sé stante che offre una curiosa alternativa (e, in un certo senso, un innocuo antidoto) allo strapotere delle produzioni commerciali e dei grandi film d’autore.

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